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Probabilmente tre fra i migliori improvvisatori in circolazione in questo disastrato paese che, anche musicalmente, non sta certo brillando, tanto che, come in altri campi, i migliori se ne vanno. Forse per un musicista ancora non si riesce a monetizzare la sua formazione, anch’essa fatta di duro esercizio quotidiano e disciplina (al contrario invece di quanto avviene per un ricercatore il cui costo collettivo viene sbandierato ogni volta che questo si aggiunge come nuovo tassello al ben noto esodo di intelligenze).
Forse nella musica non è ancora tutto convertibile in moneta, o almeno, ingenuamente, continuiamo ad augurarcelo. Ad ogni buon conto siamo per le eccezioni. E tra le migliori che cerchiamo di segnalare in questo sito (per far un servizio per non si sa quali posteri), ci sono certamente musicisti come Gianni Gebbia, Stefano Giust e Xabier Iriondo.
Il primo: un sassofonista dal piglio molto originale, ricco di suoni e abile nel mettere a frutto l’intera e cospicua gamma espressiva. Abbiamo spesso parlato di lui (e con lui), cercando di far emergere il suo stile ricco di dettagli, concentrato più sul piccolo che sull’effetto di facile presa (anti-zorniano?), vibrante e incisivo quando si tratta di dare sostegno attraverso fraseggi ripetuti in respirazione circolare (evanparkeriano?). A quanto ci consta, da queste parti, insieme a Gianni Mimmo (ma completamente diverso il suo stile) uno dei sassofonisti migliori di questa provincia dell’impero.
Quanto a Giust, al di là dell’indubbio merito divulgativo di quell’idea eterodossa di far musica attraverso l’etichetta creative commons Setola di maiale, che ha ormai un ricchissimo catalogo, è anche lui musicista di ottimo livello, il cui pregio migliore è forse saper individuare il proprio posto all’interno di una performance. Indubbiamente la capacità di ascolto è una dote che non gli manca, contestualmente a un drumming mai scontato.
Di Iriondo chitarrista si sono quasi ormai perse le tracce: ormai si muove tra elettronica, marchingegni vari e strumenti autocostruiti (Mahai Metak): piace questo rimettersi in discussione da parte dello Steve Beresford italiano (figura che in effetti mancava nel nostro panorama). Come ascoltato in un suo altro progetto (Your Very Eyes con Mimmo) Iriondo trova intime relazioni tra i suoi rumorismi dal carattere quasi puntillistico e il mondo dei suoni che lo circondano.
Le session in questione, catturate da tre differenti esibizioni in trio (più un’ultima in quartetto assieme al trombettista Bart Maris) tra l’Edera di Udine, Colle Umberto di Treviso e la Scighera (che tradotto per i non milanesi significa nebbia), fotografano bene un contesto spartano dal punto di vista produttivo, ma sincero sotto il profilo dell’ispirazione. Può bastare no?
2009 © altremusiche.it
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