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Quella che segue è una breve conversazione che parte da due semplici domande: cosa ne pensa della guerra e cosa possiamo fare per evitarla?
Ivan Fedele
«Voglio rispondere come uomo. La guerra è un orrore, che dimostra la grande stupidità di cui l’uomo è capace. Sembra facile dirlo, ma non è così: l’uomo è capace di grandi gesti geniali, ma anche di grandi stupidità. Certe volte le guerre sembrano inevitabili, ma la cosa che mi preoccupa maggiormente rispetto a quello che succede oggi è il timore che questa guerra non sia, o non voglia essere, un avvenimento episodico come un intervento chirurgico, ma, al contrario, sia il sintomo dell’instaurazione di un nuovo stato di cose, in cui viene determinata una condizione di guerra permanente. Qualcuno deve ancora spiegarmi questa teoria della guerra preventiva, nel momento in cui può sempre esserci il rischio che qualcosa provochi una guerra. In realtà si giunge a quello che sembra essere una condizione costante di belligeranza.
Alla domanda di come si può porre una persona come noi, che si occupa di arte, di creazione, bella o brutta che sia, di fronte alla distruzione, io rispondo che ci si deve porre in maniera negativa, rifiutandola. Credo che nessuna guerra in assoluto possa essere una guerra giusta. Alcune guerre sono state necessarie, perché probabilmente si è giunti a un punto in cui l’autodifesa doveva per forza sfociare in un atteggiamento violento – penso alla guerra di Liberazione. Quando, invece, si tratta dell’imposizione di uno stile di vita, questo mi trova assolutamente contrario. Mi sembra perfino ovvio, anche se è opportuno ribadirlo. Purtroppo pare che le cose si muovano in senso opposto rispetto alla logica. Chi dice che è contro la guerra viene tacciato di essere contro gli americani. E’ assurdo accusare qualcuno come nemico del popolo che viene rappresentato dall’amministrazione che fa la guerra, solo perché la pensa diversamente. Prossimamente andrò negli Stati Uniti, dove ho molti amici, molti di questi sono contro la guerra, ma ci sono anche altri che non la pensano nella stessa maniera. Bisogna capire quel popolo che ha avuto lo shock tremendo dell’11 settembre, però voler identificare nell’Iraq la causa di tutti i mali mi sembra voler trovare a tutti i costi un pretesto.
Come in tutte le guerre, quello che anche in questo caso manca è la verità, da una parte e dall’altra. La verità affonda le radici nel desiderio di espansione economica, che ci sia il petrolio di mezzo lo dice solamente qualcuno. Nel mondo di dittature e di stragi ce ne sono in continuazione. Questa guerra è stata scelta perché dentro c’era già la moneta con cui pagare la ricostruzione, che sarà poi l’appalto dei conquistatori. Con questa logica si può andare molto lontano. Nessuno si è posto il problema del Ruanda, dove gli Hutu e i Tutsi si ammazzavano, perché lì non c’era niente da offrire, nonostante i fiumi fossero rossi di sangue.
Dobbiamo poi chiederci se le democrazie si possono esportare. Certo la democrazia è un formidabile progetto di convivenza tra gli uomini, però deve essere conquistato o fortemente voluto. Con questo non voglio dire che si debbano conservare le dittature, però la facilità, la banalità con la quale si pensa di esportare certi valori spaventa un po’. E’ come dire: “adesso vado lì, distruggo, poi ricostruisco tutto, istauro la democrazia e me ne vado da un’altra parte.” La storia non si è mai creata così.
Noi siamo uno Stato giovane, eppure abbiamo alle spalle anni di contraddizioni, patiamo ancora le differenze tra Nord e Sud. Abbiamo un paese tutto sommato pacifico eppure pieno di contrasti: il Nord che rimprovera il Sud, il Sud che soffre il Nord. La vita si dovrebbe risolvere su altri piani e credo che questa decisione si sarebbe potuta prendere ad altri livelli. Le armi biologiche, che dovevano essere il motivo per il quale si attaccava questo Stato, alla fine non sono state trovate, però si buttano bombe all’uranio impoverito. Il missile che è stato tirato dal carrarmato americano sull’albergo dei giornalisti era un proiettile all’uranio impoverito. Queste cose bisogna dirle, ma nessuno le dice. Auguriamoci che quelle persone che si trovavano lì non abbiano avuto le stesse contaminazioni che hanno subito i nostri soldati in Kosovo, alcuni dei quali, a ventidue o ventitré anni si ritrovano con un cancro ai testicoli o alla prostata».
Salvatore Sciarrino
«Il problema non è tanto la guerra, che è una realtà antichissima, ma il fatto che questa sia diventata uno spettacolo. L’arte vive in tempo di pace e senza la pace l’arte non esiste, viene vanificata. Ma ci sono situazioni che sono simili a una guerra e mi riferisco all’economia basata solamente sul profitto e non sulla programmazione di una nuova società.
Ma c’è dell’altro. Ci sono anche tutti problemi dell’ecologia che non vengono considerati: è in atto da secoli una guerra contro il nostro ambiente e se vogliamo avere una prospettiva di controllo della situazione, come pretendiamo di avere, direi che in questo momento siamo in una zona di totale deragliamento, nel senso peggiore del termine. Non è un deragliamento che produce il nuovo, ma è la perdita di quella che è la dignità dell’uomo e del senso della società dell’uomo. Sono proprio gli schemi integralisti che caratterizzano ogni parte, che determinano in questo momento un futuro preoccupante.
Quando Ivan dice che in fondo siamo arrivati ad avere un certo tipo di coscienza, presuppone in fondo che per noi la civiltà debba essere non aggressiva. In realtà l’aggressività dell’uomo non si riesce a comprimere o a nascondere. Forse è una sua realtà che spesso sublimiamo, ma che in certi momenti esplode nei conflitti. Importante sarebbe vedere tutto questo in un contesto più umano e più creativo, piuttosto che in un contesto di annullamento, perché il problema della lotta è molto importante e fa parte dell’uomo: la lotta, il suo superamento, ma non l’annullamento. Dentro la nostra società c’è una zona assolutamente squalificata rispetto alla dignità dell’uomo che risiede nel bisogno di annullare l’altro. Il torto e la ragione non stanno mai dalla stessa parte o da parti opposte, perché ci sono sempre dei punti di vista, e questi sono sempre relativi. Ogni cosa ha invece le sue ragioni, così come ogni cosa ha la sua ombra. E’ veramente pericoloso schematizzare la vita dell’uomo a tal punto da pretendere di avere le idee chiare, proprio quando stiamo distruggendo il nostro pianeta. La guerra in realtà è dentro le nostre famiglie, dentro la nostra società e dentro la nostra perdita di senso rispetto a quello che facciamo tutti i giorni. La nostra non è una società, siamo tutti slegati. Basta andare per strada per capire come il comportamento umano si è degradato».
Occorre trovare delle vie di uscita in positivo allora…
Salvatore Sciarrino
«Innanzi tutto occorre che la nostra società acquisti compattezza e piacere dell’essere società, piacere di vivere insieme. Noi abbiamo perso questo piacere ed è una cosa gravissima: è come se l’uomo avesse perso la sua identità. Questo è un nocciolo che in questo momento viene a mancare, perché nelle famiglie manca il centro affettivo e l’uomo è affettività. Senza l’affettività qualsiasi cosa perde senso. La società è tenuta insieme dal piacere di stare insieme, se questo manca che società è questa?
E mi riferisco alla società globalizzata: è così dappertutto da Singapore agli Stati Uniti. Non è solo il problema di essere individualisti, ma che la società non sa esprimere coesione, ovvero determinare un insieme di singoli. Quello che noi stiamo vivendo in questo momento è una cosa terribile. Poi forse un artista questo lo patisce di più perché vuole cambiare il mondo e si sente isolato e minacciato. E’ davvero un momento difficile e bisogna combattere per riuscire a cambiarlo, per riuscire a creare il piacere di stare insieme, il piacere di scoprire l’altro, il piacere di essere uomini e di essere parte di una società. E’ inutile che noi parliamo dell’uomo come di un essere sociale quando la società umana è del tutto nominalistica».
Qualcuno deve fare il primo passo…
Salvatore Sciarrino
«In tanti, non solamente qualcuno».
Ivan Fedele
«Troppo spesso ci troviamo all’interno di un conflitto perenne. Su questo terreno ognuno proietta se stesso. Invece, dentro ognuno di noi, dobbiamo lavorare per togliendoci un po’ di scorie, un po’ di competitività. Occorre ad esempio liberarsi dalla gelosia professionale e mutarla in qualcosa di positivo. Se noi avessimo un atteggiamento di collaborazione e in generale di apertura, sarebbe diverso».
Salvatore Sciarrino
«Il fatto che le guerre non abbiano più neanche il meccanismo della competizione, ma siano diventate guerre di distruzione e di ricostruzione, in cui prevale l’aspetto economico, anche se questo aspetto è sempre esistito fin dai tempi delle Crociate, mi fa pensare a una cosa. Nei suoi libri sull’aggressività, che erano così odiati proprio perché ne davano un giudizio positivo, Lorenz parla proprio di conversione del comportamento aggressivo, per esempio nel comportamento amoroso. E’ chiaro che ognuno di noi aspira ad una vita migliore anche quando fa il contrario per ottenerla, ma se ognuno di noi si rende conto di come possa essere creativa l’aggressività, forse riusciremo a vivere in un modo diverso e ad avere una vita migliore».
aprile 2003 © altremusiche.it / Michele Coralli
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