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Un Labirinto Musicale costruito su parole e suoni che appartengono alla storia del pensiero e della cultura comunista, da Marx a (quasi) oggi: “L’odore del comunismo” a cura di Michele Coralli, andato in onda su Radio Popolare il 29/11/2020.
Nel corso degli anni ‘80 un’ampia offensiva mediatico-culturale da parte dei paesi del blocco atlantico si apprestava a assestare il colpo definitivo al compiersi del crollo del mondo socialista. In quel periodo (ed è così anche oggi) era pratica quotidiana da parte dei media occidentali, dei governi e della Chiesa cattolica dipingere l’Est come il regno del Male e della Povertà.
Tale attacco ideologico, anche se vestito con i panni dell’anti-ideologia, mi spinse a cercare di vedere le cose con i miei occhi ed è per questo che non persi l’occasione di visitare l’URSS, non appena fu presentata l’occasione di un viaggio a Mosca e Leningrado. Era il 1982 e l’Unione Sovietica era ancora lontana dalla perestrojka di Michail Gorbaciov. Eppure, per quanto il viaggio fosse stato breve e “guidato”, trovai nel paese pieno di bellezza e umanità.
L’odore del carburante che si respirava per quelle strade congelate, agglomerato in grosse nubi che attraversavano le larghissime prospettive, rimane per me una specie di madeleine che mi riporta indietro a quei tempi. Ed è ciò che ho provato a spiegare nell’introduzione di questo Labirinto musicale, cercando una sinestesia attraverso il rumore dei carri-armati dell’Armata Rossa che sfilano sulla Piazza Rossa in uno di quei tanti anniversari della vittoria sovietica sulle forze naziste durante la Seconda Guerra Mondiale.
Poi, giunge come un coro di cosacchi, “Kalinka” (Калинка) la canzone russa più nota, scritta nel 1860 da Ivan Larionov, un vero e proprio inno popolare anche in tempi post-rivoluzionari. La presente versione, a cura dell’Ensemble Alexandrov dell’Esercito Sovietico, è tratta da uno di quei dischi Melodya comprati nel Beriozka Mosca in occasione di quel viaggio.
Quadro I: Uno spettro si aggira per l’Europa
Alcune premesse ideologiche, per quanto estremamente ridotte all’osso, sono necessarie.
Partiamo con Marx ed Engels e la lettura del primo capitolo de “Il Manifesto del Partito Comunista”: Proletari e Borghesi – la voce è quella di Claudio Ricordi:
“La storia di ogni società è stata finora la storia di lotte di classe…”.
A corredo di questo intervento la Danza dei cavalieri dalla Suite del balletto Romeo e Giulietta di Sergej Prokofiev (esecuzione della London Symphony Orchestra, dir. André Previn).
Bertold Brecht è il poeta che forse meglio di ogni altro è riuscito, sopra rigorose basi ideologiche, a raccontare lo scontro politico tra le suddette classi con estrema leggerezza e versatilità. Sulle note del grande compositore tedesco Hanns Eisler il Lied des Händlers (Song von der Ware) nella magnifica interpretazione di Dagmar Krause ci racconta in modo semplice le modalità di sfruttamento basate sul principio del profitto. Ne abbiamo letto la traduzione per chiarirne i contenuti poetici.
Viene poi il momento di Rosa Luxemburg, qui interpretata da Maia Coralli, che legge uno dei suoi discorsi che articola in modo molto suggestivo un ventaglio di tipologie di scioperi, che, a nostro modo di vedere, sembrano appartenere più alla visione di una grande poetessa, che solamente ad un agit-prop (da “Russia 1905: l’elemento spontaneo” da “Sciopero generale, partito e sindacati” – in R. L. “Scritti politici”). Segue la Danza dei Pirati dalla Seconda Suite dal Balletto “Spartacus” di Aram Khachaturian (Scottish National Orchestra, dir. Neeme Järvi).
Chiude questo primo quadro il carismatico Vladimir Majakovskij con una sua “Lettera aperta agli operai” (da “Poesia e Rivoluzione”) con la quale intende spronare le masse al radicale rinnovamento culturale nel nome della modernità futuristica. A seguire il noto brano orchestrale “Fonderie d’acciaio” di Alexander Mosolov, probabilmente il pezzo più rappresentativo del futurismo musicale russo dell’epoca post-rivoluzionaria.
Quadro II: Realismo socialista
Si sa che la grande spinta al rinnovamento culturale impresso dalla Rivoluzione d’Ottobre si scontrò con il brusco rallentamento determinato dallo stalinismo e dai suoi eccessi totalitari, anche a detrimento della creatività artistica. A farne le spese, com’è noto, Dmitrij Šostakovič e la sua “Lady Macbeth del Distretto di Mcensk”.
Uno stralcio dalla notissima stroncatura apparsa sulla Pravda viene letta da Davide Ratti (da “Storia della Musica: Novecento II”, EDT) e a seguire possiamo ascoltare la sezione finale della Scena 3 (London Philharmonic Orchestra, dir. Mstislav Rostropovich). Questo approccio rigido da parte della nomenklatura sovietica si dimostrò miope e fallimentare, dato che opere come queste furono impugnate dai nemici della rivoluzione per dimostrare che in Unione Sovietica nemmeno gli artisti non erano liberi di scrivere quello che volevano.
Anche la risposta di Šostakovič al Congresso dei musicisti sovietici, di qualche anno successiva all’articolo della Pravda, è ugualmente famosa (da “Storia della Musica: Novecento II”, EDT). Il compositore, qui Emmanuele Casula, fa autocritica e riconosce nella sua musica vizi infamanti come quello di “cosmopolitismo” e di distanza dalla realtà.
Come “risposta positiva e stimolante da parte di un artista sovietico a delle giuste critiche” egli scriverà poi una delle sinfonie più belle e coinvolgenti, a dimostrazione della genialità del compositore, capace così di aggirare le critiche con la mirabolante forza di pagine immortali come quelle della sua Quinta Sinfonia e delle successive (qui l’esecuzione dell’Orchestra della Radio e Televisione di Stato dell’URSS, dir. Vladimir Fedoseyev).
Quadro III: Internazionalismo
Cambiamo improvvisamente orizzonte, spostandoci in Vietnam, una guerra da sempre raccontata solamente da una parte, quella che sull’argomento ha inondato il mondo con i suoi film, i suoi libri, le sue canzoni. Del popolo che ha subito ogni sorta di violenza si è finito per ignorarne perfino i milioni di morti (ossia i vietnamiti di entrambi di schieramenti). Con questa canzone dei giovani allievi della scuola di musica di Hanoi, si vuol dare voce a chi, in quanto nemico, non ha avuto voce se non nella controcultura degli anni ‘70, come nel disco da cui questa canzone politica è tratta, ovvero “Sulle strade del Vietnam” (I dischi dello Zodiaco a cura di Emilio Sarzi Amadè, 1973). Il testo letto da Maia è contenuto nelle note di copertina delle registrazioni effettuate sul campo dal giornalista-militante italiano.
Si chiude con il dolente testo di Pier Paolo Pasolini “Trasumanar e organizzar”, che, da un’altra angolazione rispetto alla celebre invettiva “Il PCI ai giovani!!”, riporta scontri e contraddizioni in seno alle lotte operaie degli anni ‘60 e ‘70, per certi versi l’inizio della fine di quella grande lotta di classe iniziata più di un secolo prima. Il celebre inno de “L’internazionale” (Eugène Pottier/Pierre de Geyter), qui riproposta in una famosa versione dal vivo degli Area (dal live “Are(A)zione”) ci riporta all’atmosfera di quegli anni.
Da concerto a concerto, dopo gli Area l’argentina Mercedes Sosa, una delle madrine delle lotte politiche sudamericane e anche una delle voci più belle di tutto il Novecento, con il canto “Sólo le pido a Dios” di e con León Gieco.
Finire con un canto nostalgico ci sembrava brutto, così abbiamo rispolverato un potentissimo inno militante degli edonistici anni ‘80, quel “Biko” di Peter Gabriel, dedicato all’attivista socialista sudafricano Steve Biko, ucciso in carcere dal regime dell’anti-apartheid.
Siamo partiti dal conflitto tra Proletari e Borghesi e finiamo con una canzone dedicata al riscatto dell’Africa. Come avevano notato Marx ed Engels, la storia dell’umanità è una storia di conflitti tra le classi povere e le classi agiate. Con la globalizzazione quella visione sembra poter essere applicata all’attuale contrapposizione tra il Nord del Mondo ricco e il Sud povero…
Noi però facciamo solamente trasmissioni musicali e le interpretazioni le lasciamo a quelli che ne capiscono di più e sanno manipolarci meglio.
Buon ascolto!
«L’odore del comunismo»
da Marx, Brecht, Majakovskij, Luxenburg, ecc.
[Radio Popolare, 29/11/2020]
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