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Un magma che si srotola lentamente lungo una scura valle di lava. All’origine: l’eruzione sonora degli strumenti su cui, già in partenza, viene attuata una metamorfosi timbrica – il soprano di Evan Parker, il violino di Philipp Wachsmann, le percussioni di Paul Lytton, il piano di Agustí Fernandez e il contrabbasso di Adam Linson (al posto di Barry Guy) si muovono già entro terreni poco consueti e poco frequentati sotto il profilo timbrico. Nella sua discesa a valle il magma si arricchisce di un’infinità di trasformazioni causate dal complesso processing di Lawrence Casserley, Joel Ryan, Walter Prati, Marco Vecchi e dei due Furt, Paul Obermayer e Richard Barrett. L’esito di questa eruzione musicale è di altissimo profilo, forse al meglio di quanto questa esperienza elettroacustica abbia mai espresso.
La storia dell’Electro-Acoustic Ensemble inizia nel 1992, anno in cui Parker si mette in testa di cercare un possibile rapporto tra la pratica improvvisativa sullo strumento e quella, ugualmente estemporanea, del live electronics su computer. Per semplificare si potrebbe vedere il gruppo come una sorta di complessa macchina multieffetti che trasforma i suoni acustici fino a darne una nuova struttura. L’esito non attiene però solamente alla modellazione dei differenti spettri sonori, ma diventa esperienza formale di costruzione in tempo reale, secondo dei canovacci che in effetti vantano esperienze ormai trentennali. Già, infatti, quello che negli anni ’60 un ensemble come il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza esprimeva attraverso approcci timbrici e materici basati su schemi esemplificati su carta (vedi appunto “Musica su schemi”) qui viene riproposto con la stessa “freschezza” in un mutato contesto digitale che allo schema sostituisce il logaritmo. Per chi è curioso di sapere cosa intendiamo per musica contemporanea oggi, questo lavoro può valere più di mille discorsi.
2005 © altremusiche.it
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