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Gruppo ormai storico che si avvicina a un nobile, quanto discreto, ventennale e che ha alle spalle un’assidua militanza tra le fila dell’industrial più sotterraneo, soprattutto in tempi come gli anni ’80 in cui certi generi erano relegati a qualcosa di più marginale della semplice nicchia, i Tasaday si richiamano con questo loro ultimo lavoro “In attesa, nel labirinto” al rock e alla sua capacità di creare immediati impatti timbrici e ritmici. Ovviamente la seduzione noise rimane sempre avviluppata ai suoni tipici del gruppo, ma l’attenta dosatura del rumore impone un trattamento espressivo, a tratti raffinato, che vive di una dialettica non banale tra suoni bianchi, rumori trattati, synth analogici, clarinetti e chitarre filtrate. Ma non si deve pensare a un eccesso costruttivo o a una maniacalità nella manipolazione, perché il tutto, come è ormai caratteristica fondamentale in gruppi a vocazione semi-improvvisativa, gode di un sostanziale spontaneismo esecutivo, che mescola strumenti e diversifica atmosfere. Una sorta di tecnologia sporca post-cyber che pesca Korg monofonici dagli anni ’70 e ProTools dagli anni ’00. Il risultato è un lungo excursus costruito su crescendo che si abbattono o che virano verso un silenzio disturbato da cocci e detriti, passando attraverso momenti in cui la forma è costruita attorno a un solido riff di basso, impiantato su una robusta ritmica percussiva.
Referenti: certamente quel mondo sonoro che si sprigiona da tarde eco progressive di origine teutonica, dai Faust ai primi Tangerine, ma anche Univers Zero… Un cosa è certa: se il gruppo venisse dal Giappone da queste parti sarebbe una vera e propria cult-band, di quelle osannate da Zorn e vendute a caro prezzo per Tzadik. Sui nostri giornali si sprecherebbero termini come avanguardia e i nostri li vedremmo anche su qualche copertina. Ma qui invece il referente geografico è la Brianza, terra di mobilieri e presidenti del consiglio.
2004 © altremusiche.it
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