William Ackerman [S.Agata Bolognese, Teatro Comunale Bibiena, 2003]

Assistere ad un concerto di William Ackerman in Italia è evento abbastanza raro. Il caso vuole che noi ci troviamo a vivere in una terra in cui è facile che chi ci venga a trovare in visita una volta prima o poi ci ritorni. Questo succede sia per motivazioni turistico-culturali, sia per rivivere quelle particolari atmosfere che solo qui si producono. In Italia W.Ackerman non è abbastanza conosciuto per rientrare nel mirino di impresari rapaci per cui il compito di non lasciarsi sfuggire l’occasione del suo passaggio è affidato a quei pochi attenti chitarristi che nella loro vita hanno avuto la fortuna e il pregio di ascoltare i suoi dischi, di amarli e di suonarli e non soltanto di averne letto e riletto le solite trite e ritrite recensioni. Chiamare questa serata “concerto” risulta alquanto eccessivo, piuttosto si ha la sensazione di essere capitati in un raduno tra amici. Il luogo del raduno è incantevole per semplicità, eleganza e calore.

Ci troviamo all’interno di un minuscolo teatro del ‘700, il Teatro Bibiena di Sant’Agata Bolognese adiacente al locale municipio. Più che ad un teatro assomiglia al salotto buono di una villa di aristocratici, solo una novantina i privilegiati a prendervi posto. I compiti della “cattura” di Ackerman in vacanza in Italia prima, e di tutti gli oneri e gli onori del padrone di casa poi, sono svolti con grande efficacia dal chitarrista barese Sergio Altamura. E’ lui a procurare ad Ackerman le chitarre necessarie all’esibizione e suo è anche il compito di introdurre musicalmente la serata con proprie composizioni. L’esposizione di chitarre allestita sul palco da Sergio Altamura lascia abbastanza increduli sul fatto che possano essere tutte suonate in una sola serata. La ragione è che la musica di Ackerman si fonda sull’utilizzo di accordature non standard, quindi ogni chitarra viene accordata in maniera differente in funzione della scaletta in programma. Questo serve per dare continuità alla serata che diversamente sarebbe stata frammentata tra un pezzo e l’altro dai minuti necessari per ogni tipo di accordatura. Spesso Ackerman inventa e si serve di accordature particolari che vengono utilizzate anche per una sola composizione. A volte sono accordature che, se suonate a vuoto (senza alcun dito della mano sinistra sulla tastiera), sembra non abbiano senso e siano insuonabili, sovrapposizioni in successione di triadi e cromatismi, talvolta anche dissonanti tra loro, eppure l’Arte di Ackerman sta proprio nelle accordature.

Sulla scia dell’insegnamento ricevuto da Robbie Basho, uno dei pionieri della musica per chitarra acustica con corde di metallo, Ackerman crea accordature che assolvono compiti in parte musicali ma per lo più sovramusicali. Ogni accordatura rappresenta un “mood”, la cui traduzione letterale, è noto, sta per “stato d’animo”. Tuttavia, per comprenderne il significato più profondo, è forse meglio allargare il significato un po’ oltre i confini ristretti degli umani umori del “sé” verso l'”esterno” e ciò che dell’esterno ci rappresentiamo. Per cui “mood” diventa anche quel particolare modo di sentire, percepire, evocare colori, suoni, sapori, odori, il richiamo alla memoria della consistenza al tatto di persone, animali, cose materiali. Di tutte quelle cose di cui nella vita si è fatta esperienza ma che, oltre a esserne sopravvissuti, si sia anche stati capaci di osservarle. Si tratta quindi di musica per tutti i sensi compresi quelli per i quali la scienza non ha ancora trovato il termine adatto per descriverli.

La varietà di accordature utilizzate da Ackerman, così diverse l’una dall’altra, comporta la quasi impossibilità di conoscere momento per momento che tipo di nota o che tipo di accordo si sta suonando sulla chitarra. Il percorso compositivo di Ackerman, sebbene molto attento alla linea melodica, non rincorre l’evolversi della melodia secondo canoni razionali e concettuali e neppure è interessato alla compiutezza di un “discorso melodico” ma è piuttosto il “sound” dell’accordatura stessa a suggerire ad Ackerman la linea melodica al tempo stesso più semplice e più adatta per valorizzare quel particolare tipo di suono che l’accordatura esprime. Sembrerà assurdo ma è l’istinto a guidare le dita sulle corde con sicurezza e facilità lasciando così Ackerman libero di “occuparsi” dell’espressione e della trasmissione, attraverso la musica, delle emozioni e di “meditare” sulla bellezza e la qualità del suono. Ackerman riproduce su chitarra quei colori, quelle profondità, quelle ampiezze e tutta quella gamma dinamica, agogica ed espressiva caratteristica di uno strumento “completo” come il pianoforte nella consapevolezza di avere tra le mani uno strumento, sì tecnicamente più limitato, ma non di certo meno espressivo. Anche nell’analizzare l’aspetto armonico delle sue composizioni si rimane disarmati da tanta semplicità ed essenzialità. Accordi di tonica, dominante, sottodominante e relativi minori tutt’al più arricchiti di qualche sesta, settima o nona. Rari i cambi di tonalità, fatta eccezione per qualche passaggio di tono da maggiore a minore o viceversa. Tutto qui, eppure si ha la sensazione che non manchi nulla e ci si sente così distanti da certo chitarrismo nevrotico e frustrato che si ostina a voler sottomettere l’accordatura alla tecnica in ogni circostanza.

Chi ha avuto modo solo di leggere qualcosa su William Ackerman si rende conto nel vederlo e ascoltarlo quanto ogni tentativo di descrizione verbale di questa musica risulti riduttivo, banale, retorico e talvolta persino irritante. Alla fine della serata si lascia il teatro con la sensazione di aver toccato con mano e vissuto direttamente l’esperienza di quanto la ricerca della semplicità sia l’anticamera di passaggio verso la bellezza senza condizioni. Speriamo di poterlo risentire durante la sua prossima vacanza in Italia con una retrospettiva di composizioni un po’ più ricca e per un pubblico più ampio. I Chitarristi, volentieri, non mancheranno di mettere a sua disposizione le loro Chitarre.

Nota tecnica relativa alle accordature:
Tra parentesi sono indicate le note reali suonate risultanti dall’accordatura con il capotasto; le note delle accordature senza capotasto (“a vuoto”) di cui sopra sono quindi di 5 o 2 semitoni più in basso a seconda di dove è posizionato il capotasto. Ackerman non rispetta quasi mai il valore reale delle note, pertanto garantisce l’eseguibilità del pezzo unicamente il rispetto della distanza (rapporto) che deve intercorrere tra una nota e l’altra dell’accordatura.

Processional (G#C#G#BD#E al 5° capotasto)
The Impending Death of the Virgin Spirit (D#BD#A#BF# al 2° capotasto)
Anne’s Song (BD#F#G#D#F# al 5° capotasto)
Visiting (BF#D#F#C#F# al 2° capotasto) con interventi di Patrick Novara all’oboe
Hawk’s Circle (BD#F#G#D#F# al 5° capotasto) con interventi di Sergio Altamura alla chitarra acustica
The Rediscovery of Big Bug Creek, Arizona (F#C#F#A#C#F# al 2° capotasto)
Bis: The Bricklayer’s Beautiful Daughter (GCFBbEbAb al 5° capotasto)

gennaio 2002 © altremusiche.it

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