- Talos Festival 2014 [4-14 settembre, Ruvo di Puglia] - Settembre 3, 2014
Ho avuto l’occasione in anni recenti, cioè non troppo distanti nel tempo, di essere spettatore di alcuni festival al sud come quelli di Roccella Jonica, Noci, Ruvo di Puglia, Palermo che offrono titoli perlopiù evocativi che rispettivamente recitano: Rumori Mediterranei, Europa Jazz festival, Talos, Curva Minore. Tali festival offrono, meglio dire offrivano ormai, incroci stilistici di genere piuttosto diversificati e tendenti al genere avanguardia, giusto per intenderci. È successo poi che o sono stati sospesi o cancellati o anche che sono rinati come quello di cui vi parlo tra poco. Sospensione o perdita comunque avevano causato l’addio a particolari atmosfere, paesaggi, persino profumi che inevitabilmente accoglievano sia i musicisti che si sarebbero esibiti che il pubblico. Si potrebbe aggiungere che il teatro all’aperto di Roccella, ancor più di quello di Noci, la chiesa dello Spasimo a Palermo e lo spazio antistante la cattedrale di Ruvo rimangono di una suggestione unica e ben scolpiti nella memoria. Proprio quelle impressioni, le vicende, le difficoltà mi fecero progettare un lavoro che raccogliesse le foto più rappresentative che avevo scattato in quelle rassegne e che costituisse un omaggio fotografico operante attraverso la memoria. Colsi anche l’occasione di un lavoro a quattro mani attraverso la collaborazione con il poeta Vittorino Curci (e agit-prop sonoro oltreché animatore di Noci) che provvide ad animare il percorso tramite frammenti poetici al tempo inediti che si insinuavano tra le fotografie. Il titolo di questo lavoro? “Diario dal Sud / Tagebuch des Südens” e fu esposto più volte in Italia e all’estero, da Bergamo a Berlino e a Bitonto, giusto per restare alla lettera B.
Questa non rapida premessa autobiografica serve a sottolineare quanto sia benvenuta la ripresa di un festival come quello di Ruvo di Puglia, già da un paio di edizioni. Ho potuto seguire l’intero programma internazionale dal 11 al 14 settembre. C’è stato un tempo avverso, incerto e disturbante, che ha solo in parte, in verità, compromesso l’andamento lineare del programma. La promessa costante di pioggia ha fatto sì che una sola serata dovesse essere confinata nell’infelice palazzetto dello sport. Infelice per acustica, soprattutto, e ambiente. Per fortuna nelle altre sere è stata confermata felicemente la più raccolta e amabile atmosfera di Piazzetta Le Monache. E qui è accaduto di nuovo il miracolo di una atmosfera, quella mistura di sapori popolari e di jazz raffinato, energico e non banale che ne è la cifra specifica. Il tutto e in aggiunta gioiosamente.
Lascerei volentieri la funzione story-telling alle sole fotografie ma qualche parola va detta soprattutto riguardo alla passione e alla tenacia che un vero gruppo cultural-famigliare costituito da Pino, Livio, il figlio, Minafra e Margherita Porfido, moglie e madre, tutti rinomati musicisti dispensano e impiegano nel governare i percorsi artistici messi in campo. Non senza dover citare il grosso supporto dell’attuale assessore alla cultura del Comune di Ruvo Pasquale de Palo. Di fatto, venendo al programma, Margherita ha aperto le danze, così per dire, suonando il clavicembalo in un bel programma condiviso con Gianluigi Trovesi e i suoi clarinetti. Una novità in prima assoluta pieno di sorprese, riferimenti al passato, uscite divertenti, molto di gusto. La sera piovosa ha invece funestato il programma forzando l’ascolto di un programma la cui probabile bellezza è stata deturpata dall’acustica e dalla atmosfera di un luogo che con la musica non ha niente a che fare, troppo riverberante e visivamente dispersivo. Cosicché la performance del sempre brillante Keith Tippett, storico e carismatico rappresentante della scena jazz inglese e quella della Tankyo Band guidata da Riccardo Fassi con il suo classico programma sulle musiche di Frank Zappa è stata uccisa da una intollerabile acustica come da uno sgarbato chiacchiericcio proveniente dall’area bar.
Venerdì 12 si è aperto con l’inaugurazione di una piccola ma significativa mostra della fotografa italo-olandese Francesca Patella che segue da tanti anni le stagioni di concerti al Bimhuis ad Amsterdam e che mostra con sguardo deciso le caratteristiche di quell’ambiente, assai particolare e unico, e i caratteri e i gesti dei tanti musicisti che li si ritrovano. L’occhio interno, discreto ma incisivo e perfettamente a suo agio si rivela prezioso e capace per raccontare buone storie con stile asciutto ed essenziale. Il festival a Ruvo ha sempre mostrato interesse nei confronti delle arti visive, specialmente verso la fotografia, oltre ad altri esempi importanti, il mio lavoro “Jazz Area” è stato ospitato, molti anni fa. Sempre a proposito di visioni ancora uno sguardo molto intenso al lavoro nel film proiettato quel pomeriggio: “Misha Enzovort” di Cherry Duyns. Da vedere assolutamente. Ruota attorno alla figura carismatica di Misha Mengelberg, compositore, improvvisatore, pianista, motore della scena jazz olandese, ma visto nella sua attuale condizione dovuta ad una malattia degenerativa come l’Alzheimer. La sua sua visione anarco-musicale è di fatto indagata in profondità attraverso la musica, la presenza di compagni di viaggio, testimoni, una creatura come l’ICP Orchestra, e attraverso un’idea filmica senza compromessi, direi piuttosto aderente alla personalità del destinatario dell’omaggio. Commuoversi, a tratti, è facile.
Poi, finalmente, nella confortevole, se non incantevole, Piazzetta, lo “Orobico Quartetto” capitanato da Trovesi seguito da “Instant Composers Pool Orchestra”. Rilassato ma ben innervato dalle asciutte uscite strumentali dei componenti e dall’alto sax di Trovesi, lo Orobico è letteralmente sbocciato nell’allegra interpretazione de “Le mille bolle blu” che è una di quelle idee fisse che Gianluigi mette spesso in esergo nei suoi programmi. Bene così.
Il concerto dell’ICP Orchestra è risultato quasi cameristico e solo a tratti mescolato a tipiche improvvisazioni contemporanee più nervose e conturbanti. Basta del resto ascoltare l’ultimo bel cd appena pubblicato dal gruppo per apprezzare ancor di più questa linea che risultava appena un poco schiacciata dala esuberante e popolaresca scenografia del palco e della piazza. Da notare che non è necessario, almeno dal mio punto di vista, compensare l’assenza di Misha, altre volte “rappresentato” da Guus Janssen, oppure anche semplicemente di parlarne. Lui continua ad essere con i ragazzi, la sua presenza è data dallo spirito musicale, anche attraverso nuovissime composizioni, di certo non sue. Tutti i membri dell’orchestra hanno guidato un seguitissimo workshop, più di 30 iscritti, all’Ex Convento dei Domenicani che è terminato con un concerto vario e divertente nel vasto cortile. Poco più tardi nella Piazzetta Han Bennink ha aperto il concerto serale con un solo totalmente acustico, secco e tonante, gestuale e intrinsecamente umoristico come solo lui può dare. Piccolo trionfo.
A seguire la produzione “For Mandela” con MinAfric Orchestra, Louis Moholo, Keith & Julie Tippetts e altri. La presenza di Louis Moholo, Keith Tippett, ottime voci tra cui quella sempre affascinante di Julie Tippett, di solisti come Ottaviano, Tramontana, Sanna, Innarella, i due Minafra…Uno spirito intenso e compatto ha guidato tutti i musicisti coinvolti sin dalle prove ha fatto si che “For Mandela” sia risultato uno dei momenti più alti dell’intero festival. Trionfo e…viva Mandela!
Data finale, domenica 14. Concerto pomeridiano alla Cantina Grifo, sponsor del festival tra l’altro, in una ancor diversa atmosfera. Il programma è dedicato ad un’altra grande figura sospesa nell’aria: Steve Lacy. Il tributo, o meglio un percorso tra sue scelte composizioni, è guidato da un interprete come Roberto Ottaviano, qui in trio con Vendola e Lanzo, Tributo teso e sempre sostenuto, commovente a tratti, niente imitazioni come se, certa inesorabile spigolosità di Lacy veniva restituita attraverso il diverso respiro di Ottaviano, più passionale e ancora “sudafricano”, forse. Ottimo pubblico anche li, attento e plaudente. Più tardi nel raccolto Teatro Comunale un incontro esclusivo: Livio Minafra, multistrumentalista, qui quasi esclusivamente al pianoforte incrocia il drumming, particolarmente essenziale e controllato, di Louis Moholo, vera leggenda e ultimo sopravvissuto di quella leggendaria(ancora!) compagine di musicisti sudafricani di cui si valuta sempre più l’importanza e l’influenza in ambito internazionale.
Veniamo ai momenti finali, sorvolando sui i piaceri del cibo e della compagnia di musicisti, critici e colleghi e di una accoglienza cordiale ed efficiente da parte : il duo Paier, Valcic, fisarmonica e violoncello che a mio parere avrebbe potuto essere con leggerezza evitato se non allo scopo di provvedere ad una sorta di ben arrangiato easy listening basato su un tango style e tutti i suoi ricorrenti stereotipi. Per fortuna (solo mia, il pubblico plaude) pochi minuti dopo irrompe nella Piazzetta, attraverso un ingresso sul retro, l’avanguardia stile Terzo Teatro, e cioè mimi su trampoli, un frammento di marching band, e via via tutto il resto di una variopinta e giocosa formazione in abbondante e dirompente schiamazzo. Arrivano anche sputafuoco e altri manipolatori di fiamme e una potente sezione ritmica che, unita ai fiati e ai cantanti, pompa davvero da bestia. Si muovono, platealmente guidati da Cesare Dell’Anna che dirige e suona la tromba, mescolando, e alternando, Nino Rota, Sun Ra, canzone napoletana, tammurriata, un funk alla George Clinton e anche, frullando il tutto, stando ostinatamente su una straniata e popolarissima taranta. Ci sono anche dei soli strumentali, specie di sax, ma sognerei in certi momenti qualcuno, tipo Petrella che potesse costruire di più governando letteralmente il flusso che rimane comunque potente, convincente, divertente. Ricordate: se si vuole energia e divertimento basta scritturare Cesare Dell’Anna & Girodibanda! Scusate lo spot commerciale (ma dimentico il fattore trasporti…). Gran finale comunque, per chi scrive il migliore possibile assecondando sempre l’idea che il Sud possa offrire atmosfere speciali. La festa è finita, what’s next in Ruvo?
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