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Quattro diverse anime dell’elettronica contemporanea, in bilico tra suoni analogici e digitali, interazione con strumenti acustici, mixed media e spazializzazione. Se c’è una cosa di cui ha necessità una musica come questa è un orientamento di tipo massimalista, da una parte inteso come dispiego massimo di forze e qualità tecnologiche, dall’altro una grande vocazione alla sperimentazione sia all’interno dell’ancora infinito mondo dei suoni, sia nella combinazione e mescolanza con le immagini.
In uno breve ma calzante spaccato che cerca la sintesi tra alcuni orientamenti dell’elettronica attuale il programma di “Quadrilatero – Musica elettronica a 4 dimensioni”, serata organizzata all’Auditorium San Fedele nell’ambito della rassegna “Electronic & Acusonium”. Le quattro famiglie attorno cui si orienta la proposta possono essere orientativamente individuate da un differente approccio alla materia sonora e visiva, piuttosto che a distinzioni di genere, dato che, in virtù di tale impostazione anche di iniziative come questa, si tendono a cancellare differenze e a diminuire le distanze.
Prima pagina dunque “Sax & Live Electronics”, di cui è protagonista l’alto-sassofonista Mario Marzi, ottimo interprete messo al centro delle manipolazioni in tempo reale di Improvviso statico di Carmine Emanuele Cella, brano che scava essenza musicale a partire da un ricchissimo bagaglio di rumori e suoni parassiti del sax, e Neuromante di Luigi Ceccarelli, complessa composizione “tematica” che amplia la polifonia del solista attraverso relazioni anche melodiche con alcuni campioni catturati dal medesimo sax.
“Computer Music” apre una finestra sul mondo della musica digitale attraverso un musicista come Giuseppe Ielasi che presenta la sua Rhetorical Islands, pezzo modulare dal sapore techno-futurista nel quale convivono rumorismo e ritmicità industrial, secondo prassi maturate in una lunga militanza all’interno dell’improvvisazione più aperta alla contaminazione materica.
Terza pagina del quadrilatero la cosiddetta “Acusmatica” con i brani di Riccardo Nova, Nineteen Mantras remix, figlio di una prassi che proprio l’associazione Sincronie e altremusiche.it hanno stimolato attraverso il concorso Romitelli Remixed, e Crossing di Massimiliano Viel. Iniziamo dal primo che concentra rimescolando parte dei materiali di Nineteen Mantras, balletto composto da Nova in una suggestiva visione di sintesi tra musica occidentale e India. Il suo remix plasma la materia originale in un quadro dalle tinte forti, ma dai particolari molto minuziosi, in un continuum che trova rimandi nei precedenti lavori in cui l’elettronica aveva un suo ruolo formante preciso come Drones 1.2. Quindi Crossing, ultimo lavoro di Viel, ispirato allo spazio cosmico, non tanto nella sua dimensione infinita, quanto invece di un unico punto di osservazione selettivo, per quanto molto ampio. Si tratta di uno “studio sulla polifonia elevata” in cui concorrono 36 voci che incarnano il “suono” delle stelle appartenenti ad un ammasso globulare, composto sì da una quantità immensa di stelle, ma non così tante da rendere irrazionale – e quindi mistica – tale visione. Una polifonia che utilizza i suoni di un sintetizzatore Leploop, quindi analogico, quindi, per certi versi, molto evocativo di quell’epoca in cui musica elettronica, letteratura dell’anticipazione ed esplorazione spaziale creavano fortissime suggestioni all’immaginario collettivo.
Chiude la breve tetralogia un quartetto di video sonori di Otolab, che raduna alcune dei lavori del collettivo prodotti dal 2006 al 2013. Si va dal post-cyberpunk Animula, alle claustrofobiche geometrie di Vagina cosmica, al radicale virtuosismo di Shism che molto poco spazio lascia alla visionarietà come invece in Temp, punto di miglior equilibrio tra il suggerimento di una suggestione e costruzione di una struttura da cui far partire una fruizione estetica.
Due parole sull’Acusmonium, impianto audio dalle grandissime potenzialità che trova le sue radici nei desiderata di gente come Stockhausen che alla spazializzazione del suono ha dedicato molte attenzioni. Il sillogismo è semplice: la musica elettronica, non solamente quella di oggi, ma anche quella di ieri, ha bisogno di queste strutture tecnologiche ormai irrinunciabili. La musica di oggi è soprattutto musica elettronica. Quindi sarebbe auspicabile – al di là degli emeriti sforzi di persone come Dante Tanzi e Giovanni Cospito, custodi e manipolatori del gioiello Hi-Fi – che esistessero spazi stabili in grado di consentire una fruizione adeguata alla musica del nostro tempo, non come una riserva indiana all’interno dei circuiti della musica colta, ma come fulcro espressivo della complessità del suono contemporaneo.
2013 © altremusiche.it / Michele Coralli
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