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Miniature minimaliste per pianoforte preparato, nel solco di fruttuose sperimentazioni che si suol mettere in relazione con compositori come John Cage. L’olandese Albert von Veenendaal, che non aggiunge molto sotto il profilo della ricerca timbrica, mette a frutto in maniera molto efficace quanto già ricercato in passato, portando però il grado di preparazione del pianoforte ad un livello così raffinato da riuscire creare, a tratti, l’illusione di suoni lontanissimi, quasi di sintesi. In genere il pianista opta per soluzioni dall’inviluppo molto secco – lavorando sulle singole corde o sui martelletti, mentre l’apertura di pedale con oggetti che coprono intere aree della cordiera – catenelle o simili – non viene molto sfruttata. Frequente invece la costruzione del timbro sordo e metallico, assolutamente funzionale alle rapide e martellanti figurazioni ritmiche ripetitive, che caratterizzano la maggior parte dei brani del lavoro. Modalità percussive sembrano vestirsi di panni completamente artificiali, quasi come quelli di un synclavier, in virtù anche di una ricchezza di colori che difficilmente si possono pensare ricavati da un’unica tastiera. Ovviamente l’evocazione si spinge al gamelan, ma qui, più che mai, è la commistione con la techno e la fusion a dare il senso di questo pianoforte preparato, che meglio sarebbe dire mimetizzato in un panorama elettronico invece inesistente.
2011 © altremusiche.it
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