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“Nel mio lavoro dal vivo ho fatto un grande sforzo per trasformare il mio laptop in uno strumento musicale vero e proprio: non un player ma una specie di clarinetto. Anzi, trattandosi di un computer dovrei dire una piccola orchestra di clarinetti, cosa che mi impone di ragionare più come compositore e orchestratore piuttosto che come solista. Mi sono quindi messo nelle condizioni di non avere più i limiti tecnologici che c’erano negli anni ’50 e ora me ne creo di nuovi per stimolare nuove soluzioni procedurali. Ovvero: ora devi fare un pezzo e lo devi fare in questo momento, da zero, con il pubblico di fronte e con questa tua orchestra di patches (i programmini che scrivo in MAX/MSP per generare e modificare suoni). Oppure: non puoi usare nulla come input se non qualche errore indotto nella memoria del computer utilizzandoli come sorgente sonora da elaborare e sviluppare.” (da “Blow Up” 74/75)
Questo lo stralcio di una nostra intervista a Domenico Sciajno che ben rappresentata il modus operendi del musicista, ovvero l’utilizzo del computer non come facile scappatoia per autoproclamarsi musicisti elettronici tout court, ma come strumento musicale creativo, da usare e maltrattare come ogni altro oggetto dal quale si vogliano ottenere dei suoni a 360 gradi. Così come in uno strumento ad arco vengono sfruttati gli estremi tratti di corda per trovare armonici inusitati, così anche in un computer possono essere sfruttati catorci di file per elaborare qualcosa di non pianificato. Ecco allora che anche il laptop può diventare un prezioso generatore di pensiero musicale e non uno scontato nascondiglio, emanatore di modernità alla portata di tutti.
“Our Ur” è un ottimo esempio di questo tipo di elaborazione di prassi compositive che intrecciano controllo digitale e composizione estemporanea in una musica che sa essere sapida di aromi elettronici, quanto densa di atmosfere post-industriali. Quattro tracce in cui il vecchio pioniere e il giovane sperimentatore si mettono alla prova sui rispettivi materiali: Someone to watch over what è un brano composto da Curran, mentre Outer Cities è una suggestiva rielaborazione di Sciajno di samples suonati al pianoforte e tratti da Inner Cities (x) dell’americano. Infine Anatolia Centrale densa di microwaves, rumori bianchi e frammenti di campioni e Rue de la gare 76. Un lavoro che riafferma la capacità di metabolizzare una buona parte di Novecento elettronico (Schaeffer, Nono, Xenakis, MEV, Eno), per rilanciare l’ipotesi creativa tecnologica fuori da ogni retorica post-moderna e conformista.
2005 © altremusiche.it
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