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Di festival di Angelica ce ne sono stati dodici a partire da quel lontano 1991, quando la neonata rassegna si proponeva come l’unica in Italia in grado di cogliere quella complessità polimorfica, che ben si applica ai contesti di generi frequentati secondo modalità eterodosse. Da allora un bel po’ di nomi si sono alternati sui vari palchi bolognesi. Tanto per fare qualche nome: Mike Westbrook, Fred Frith, Tom Cora, Steve Beresford, Butch Morris, John Zorn, Giovanna Marini, Chris Cutler, Heiner Goebbels, Charles Hayward, Joan La Barbara, Louis Andriessen e molti altri.
L’edizione 2002 è stata fortemente contraddistinta dalla presenza di “Galleria San Francesco”, un’opera di Tristan Honsinger, violoncellista americano di area ICP ed ex membro della Company di Derek Bailey. I quadri dell’opera mobile (libretto di Ermanno Cavazzoni, ideazione di Massimo Simonini) vengono distribuiti nell’arco delle sei serate della rassegna e inglobano al loro interno le esibizioni di artisti che si fondono in maniera più o meno continuativa con le atmosfere della rappresentazione teatral-musicale di Honsinger. L’opera è detta “mobile” per merito delle dinamiche teatrali e narrative che segmentano la trama diacronica e le performance musicali di un ampia compagine vocale e strumentale, formata per lo più da musicisti di area bolognese (ricordiamo Sabina Meyer, Edoardo Marraffa, Lullo Mosso, Pierangelo Galantino, Fabrizio Puglisi).
L’aspetto polimorfico dell’opera di Honsinger crea un affastellamento di materiali diversi attraverso la molteplicità di ispirazioni stilistiche che lambiscono session free jazz, trii d’archi contemporanei, marce dixieland e quartetti dal sapore rinascimentale. L’innegabile senso naïf che si sprigiona da esperienze come quelle di “Galleria San Francesco” compensa l’immediatezza nella fruizione di un’opera impressa di spontaneismo. Poche sovrastrutture, sia in fase di costruzione, che in fase di assimilazione, danno il senso di uno spettacolo che antepone la fantasia a tutto il resto, con il rischio tessere una trama senza rete. Si intromettono ogni sera musicisti di diversa estrazione interrompendo il delirio scenografico dell’opera mobile: Dietmar Diesner (sassofonista improvvisatore che crea dei movimenti quasi coreografici), Aleksander Kolkowski (violinista che sperimenta con i suoni pre-tecnologici di un grammofono), Olivia Block (manipolatrice di suoni concreti), Sven-Åke Johansson (polistrumentista svedese di area FMP), il ballerino giapponese Hisako Horikawa e, ospiti più attesi, il tedesco Peter Brötzmann, accompagnato dal protigioso batterista Hamid Drake e l’olandese Misha Mengelberg. Brötzmann e Mengelberg, attivi da più di trent’anni nell’ambito della musica creativa improvvisata a partire dalla nativa Wuppertal, il primo, e da Amsterdam, il secondo, godono di un sempre affezionato seguito.
Il sassofonista tedesco irrompe sulla scena, accompagnato dalle percusioni di Drake, alla sua maniera, con un suono potentissimo che da solo si staglia sulle note sparse dell’ensemble della “Galleria”. Poi il duo prosegue da solo in una perfomance dalla rara intensità. Drake snocciola poliritmi complessi e Brötzmann segue la sua poetica di emissioni eruttive, forse poco in conversazione con il batterista, ma forti di una fisionomia radicalmente personale.
Mengelberg sorprende l’audience con una perfomance piano e voce, che evoca situazioni perfomative di carattere Fluxus o esperienze analoghe. Il pianista e improvvisatore, oltre a dar prova delle sue capacità pianistiche, elargendo mai esibiti passaggi che basano la loro essenza più su influenze monkiane (nel senso di Thelonious Monk) che tayloriane (nel senso di Cecil Taylor), ma anche cantando in maniera quasi infantile, disinteressatamente flebile e stonata. Un gesto di ironica e sottile provocazione, né furba, né maliziosa. Caratteristiche che ci auguriamo possano continuare a far parte di un festival che si muove in aree che riescono ancora ad offrire gemme preziose e a dar rifugio a specie rare in via di estinzione.
da: “Blow Up”, n.50, 2002 © altremusiche.it / Michele Coralli
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