- 16 film per capire l’Africa (2 per non capirla) - Dicembre 9, 2024
- Alla ricerca dell’egemonia culturale perduta: da Claudio Villa a Luigi Nono - Giugno 28, 2024
- AUTOBAHN 9: «Verso i Mari del Sud» - Maggio 7, 2022
In Italia per una breve tournée che li ha portati a visitare alcune località del centro-nord, i Caravan, senza album da presentare, senza promozioni alle spalle riescono ancora a raccogliere entusiasmi tra i numerosi fans dispersi lungo la penisola. Al Jux Tap di Sarzana, locale di stampo country and western capace di evocare l’indimenticabile scena dei Blues Brothers presi a bicchierate, l’audience (qualche centinaio di persone e non tutti ultracinquantenni) assiste in modo partecipato ad un concerto che non ha negato (almeno al sottoscritto) qualche brivido lungo la schiena al momento dell’esecuzione di brani come Nine Feet Underground o Caroline (brano di Sinclair e Wyatt scritto per i Matching Mole).
Innanzi tutto la formazione: gli storici Pye Hastings (chitarrista ritmico, come si diceva una volta, e cantante), David Sinclair (tasterista che ora all’Hammond preferisce un Roland), Richard Coughlan (riservatissimo batterista), Geoffrey Richardson (violista, flautista, mandolinista e cantante, che aveva già fatto la sua comparsa ai tempi di For Girls Who Grow Plump In The Night del 1973). A loro si aggiungono i nuovi Jim Leverton (che da tempo ha preso al basso il posto appartenuto a Richard Sinclair) e l’ottimo chitarrista Doug Boyle (l’unico ad aggiungere qualcosa di nuovo al suono della band con assoli che non nascondono virtuosismo ed effetti).
Così assemblati i nuovi Caravan (ma correva la voce anche di un percussionista aggiunto) possono tranquillamente proporsi come una band non eccessivamente nostalgica, ma coerentemente legata al prestigioso passato. E infatti il repertorio non manca di far riferimento a molte perle inserite nei primi lavori del gruppo tra il ‘70 e ‘74. Ricordiamo The Dog, The Dog, He’s At It Again, ma anche il consueto brano di chiusura con la celebre For Richard e il bis Hoedown. Tutto secondo ricetta, ma nessuno si aspetta, né vuole, sorprese.
Anche quando i repertorio si sposta su qualcosa di più recente (ad esempio The Battle of Hastings) le canzoni sono quasi un intermezzo prima della prossima chicca tirata fuori dal guardaroba. In grande spolvero Sinclair (solista ora in condivisione con il nuovo arrivato Boyle) che macina assoli il cui ascolto dalla prima all’ultima nota è ben rappresentativo per chi vuol farsi un’idea del rock progressivo negli anni ‘70, quello meno pomposo e ridondante. E per la prima volta in questi ultimi tempi (Conservatori a parte) abbiamo assisitito a un’esecuzione in presa diretta, senza basi, senza manipolazioni e senza computer. Antichità? Può darsi. Ma ci piace anche così.
maggio 2003 © altremusiche.it / Michele Coralli
Lascia un commento