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Il compositore americano David Lang ha trovato una valida sponda europea nell’ensemble italiano Sentieri Selvaggi che, racchiude in sé la grande fascinazione nei confronti di un minimalismo che guarda senza timori indietro, alle prime esperienze degli anni ’60 e successivi, ovvero a quei cosiddetti “muri di suono” glassiani e quei processi di phasing reichiani su cui si sono costruite gran parte delle esperienze “ripetitive” successive. Anche la musica di Lang si configura per la maggior parte della sua vita acustica come un continuum quasi solido che si trasforma attraverso lenti processi di micro-variazione: un andamento assolutamente ipnotico, in cui è facile perdere il senso dell’esperienza dell’ascolto più strettamente musicale, per abbracciare quello percettivo o, nei casi estremi, meditativo.
Child, opera dedicata al mondo dell’infanzia, si basa su cinque brani, tutti in un modo o nell’altro, caratterizzati da una sostanziale e marcata espressività ritmica (qualità su cui l’ensemble milanese eccelle per merito dell’estrema pulizia e chiarezza delle parti nei più intricati intrecci metrici). Short Fall (per ottavino, piano, violino e violoncello) è probabilmente il pezzo più complesso e più magistralmente eseguito nonostante le sue contorte figurazioni, mentre Sweet Air (già contenuto in un’altra esecuzione sulla precedente raccolta “Bad Blood”: qui per flauto, clarinetto, piano, violino e violoncello) è la composizione più reichiana, proprio per quel andamento ipnotico costruito su un andamento melodico racchiuso in pochi semitoni. Conclude “Child” un Little Eye quasi ambient, in cui vengono fatte cedere gocce di note di piano, glockenspiel e metallofoni vari su un arpeggio di violoncello, in un quadro diafano non estraneo alle visioni di Brian Eno. Nel suo complesso una buona metafora sulla chiusura claustrofobica degli spazi e dei ritmi ripetitivi dell’esistenza. Non sappiamo se Lang avesse in mente la stessa cosa, ma ci piace pensarlo.
2003 © altremusiche.it
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