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“Al centro del mio comporre c’è l’idea di considerare il suono come una materia in cui sprofondare, per forgiarne le caratteristiche fisiche e percettive: grana, spessore, porosità, luminosità, densità, elasticità. Quindi scultura del suono, sintesi strumentale, anamorfosi, trasformazione della morfologia spettrale, deriva costante verso densità insostenibili, distorsione, interferenze, anche grazie al ricorso alle tecnologie elettroacustiche. E sempre maggiore importanza data alle sonorità di derivazione non accademica, al suono sporco e violento di prevalente origine metallica di certa musica rock e techno”. (Fausto Romitelli)
Tra gli omaggi al compositore goriziano organizzati nel corso di questi ultimi mesi in giro per la penisola, ci preme dare testimonianza di “Electric Trance”, happening di musica e live media messo in piedi da Sincronie 2004. Il collettivo, che porta avanti l’eredità di Nuove Sincronie, ha raccolto le adesioni di musicisti e compositori di diversa estrazione per la costruzione di una serata che ha avuto poco di nostalgico e molto di propositivo, in una dimensione che per certo anche a Romitelli avrebbe potuto sembrare la più opportuna.
In tre ore di esibizioni si intrecciano i live media di Otolab: hemline, stills.a e remains, in cui immagini riverberate da Flash e da campionatori video si snocciolano su doppio schermo mentre un lento e progressivo processo di accumulazione sonora determina un crescendo di volumi e intensità in un panorama sonoro che trova dei significativi agganci con quel “suono sporco e violento di prevalente origine metallica di certa musica rock e techno”, già preso a modello come elemento di disturbo da Romitelli per creare disorientamento all’interno delle sue composizioni.
La serata si arricchisce di tutta una serie di opere del compositore goriziano già a partire dalla successiva Trash TV Trance per chitarra elettrica (2002), una partitura che si ispira a certo rumorismo e disordine in stile Sonic Youth, nonostante i contegni tipicamente “colti”. Poi Amok Koma per ensemble ed elettronica (2001), un brano che interseca le complessità care a Romitelli, irte di spigoli, ma fluttuanti verso code distese e ricche di malinconica speranza.
Le esibizioni orchestrali, poste in essere dall’Icarus Enemble diretto da Giorgio Bernasconi, sono fulcro fisico tra i due spazi elettronici laterali, allestiti agli estremi del padiglione. Oltre ai pannelli di Otolab, altri rendering hanno modo di ipnotizzare il pubblico sui brani di Agostini Thurston Moore e di Viel IV Frammento da Etherodyne.
Ci si distacca però dalla generalizzata estetica digitale con i brani per pianoforte di Giovanni Verrando, Second born unicorn remind me what we are fighting for, e Maresz, Cascade for Donna Lee, che si vestono di diverse sensibilità musicali: grottesche e caricaturali nel primo, estetizzanti nel secondo brano.
Ma sono le tre lezioni del Professor Bad Trip che incorniciano la serata su alcune delle migliori pagine di Romitelli, dense di spettri e di schegge impazzite. Professor Bad Trip: Lesson I per otto esecutori ed elettronica (1998), Professor Bad Trip: Lesson II per ensemble (1998-99), Professor Bad Trip: Lesson III per ensemble (2000) mettono a nudo un’estetica come quella di Romitelli non estranea anche a momenti umoristici di grande vitalità. Una serie di visioni che impressionano anche per la capacità di proporsi in tutta la sua modernità, riuscendo a prendere ciò che di buono si muove all’interno di mondi che ancora si continua voler contrapporre.
Le code all’esterno del PAC, l’affollamento nelle sale di fronte ai vari set, il generale coinvolgimento sembrano contraddire quella visione del mondo che rimane in modo miope attaccata alle sue tradizioni musicali più conservative. Il suono – come diceva Romitelli – è una materia in cui sprofondare, non un oggetto inerte e inossidabile come vorrebbero farci credere.
dicembre 2004 © altremusiche.it
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