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Il batterista francese Patrick Forgas (classe ’51) è uno di quelli che, perso l’ultimo treno progressivo con la pubblicazione di “Cocktail” nel 1977, assieme ad alcuni membri del distaccamento francese presidiato da grintose avanguardie come Magma e Zoe, ha cercato di risalire la china jazz-rock in anni non sospetti e poco adusi al ripescaggio nostalgico come lo sono stati gli anni ’90. E’ da allora che l’ampio ensemble denominato Forgas Band Phenomena calca scene secondarie per crearsi uno spazio in un ambito che forse soltanto ultimamente ha iniziato a godere qualche piccola fortuna. Li avevamo conosciuti con il precedente “Soleil 12”, un disco intessuto di suono canterburiano che, a suo tempo avevamo definito come frutto di “un amalgama di ottimi musicisti cresciuti a ‘Hot Rats’, Soft Machine e National Health”. Anche ora la matrice non sembra distanziarsi più di tanto da quel tipo di imprinting, sebbene sia venuto meno quel segno così fortemente derivativo a favore di una generica tensione al suono jazz-rock degli anni ’70. Qualcosa che dalle nostre parti fanno, a loro modo, collettivi come Fonderia.
Il gusto estetizzante del gruppo strumentale a sette elementi – centrali le figure di Sebastien Trognon (flauto, tenore e soprano) e di Karolina Mlodecka (violino) – ha dominio assoluto su ogni tipo di tendenza improvvisativi, quella capace di lanciarsi su terreni più imprevisti e meno scontati. Forse è proprio quest’aria di perfezione e di assoluto rispetto della pagina scritta a togliere quella patina di fascino che invece avvolge le avventure senza rete. Si inizia e, benché si colgano costruzioni affatto banali o piccoli arabeschi di grande fattura artigianale, si riesce ad intuire già in partenza il punto d’arrivo. In effetti i Soft Machine sono definitivamente tramontati dagli orizzonti. Gli antichi maestri vengono definitivamente messi in archivio a vantaggio di nuovi punti di riferimento meno carismatici come quasi-connazionale Malik Mezzadri.
2009 © altremusiche.it
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