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Non si può non pensare a Morton Feldman quando si ascoltano questi “notturni” di Marino Formenti, così come è difficile dimenticare quei colori smaccatamente omogenei che compongono i quadri di Mark Rotthko quando si osservano i fotogrammi di Expressive Rhythm, istallazione in forma cinematografica di Florian Pumhösl, a cui i Night Studies per pianoforte programmaticamente si legano. Ulteriori rimandi svelati nel dare forma al progetto multimediale portano al costruttivista sovietico Aleksandr Rodčenko e all’americano Charles Ives. Ma insomma, si potrebbe proseguire a oltranza sia sul versante musicale che figurativo. Quello che però colpisce è quello sguardo così insistito sul mondo delle avanguardie pre e post-belliche, evidentemente ancora oggi capaci di muovere suggestioni, nonostante l’enormità di tempo trascorso. Ci preme osservare quindi che, anche nel mondo della sperimentazione di nuove forme di espressione, oggi sembra più sostenibile guardare a una certa genuinità del passato anche recente, piuttosto che muoversi su nuovi, forse spesso inospitali, paesaggi sonori. La musica di Formenti è un distillato di materia che esprime una sostanza ridotta all’osso: scheletri di dinamiche, agogiche narcotizzate e ripetizione di cellule motiviche secondo l’insegnamento del più puro e convinto minimalismo, e – come detto – di Feldman in particolar modo. Per quanto il modello sia artisticamente molto, anche troppo, vicino, non si può non cogliere in lezioni come questa la fascinazione di quell’abito per pianoforte così sfuggente e misterioso.
da «Amadeus» n268, marzo 2012 © Michele Coralli
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