Franck Vigroux, chitarrista per caso [intervista]

Michele Coralli

Chitarrista che si avvale di strumenti elettrici fretless o 12 corde, ma soprattutto delle capacità di ampliamento timbrico che solamente un uso consapevole e “liberatorio” dell’elettronica può dare, il francese Franck Vigroux è uno di quei giovani musicisti che sa scegliere contesti differenti, senza farsi schiacciare dai ruoli soffocanti del chitarrista virtuoso. Le sue corde diventano spesso un pretesto per un excursus nei territori dell’informale, della musica concreta e dell’improvvisazione (ma non solamente questo). Le sue formazioni raccolgono una serie di musicisti eterodossi del Sud della Francia: un duo assieme a Ned Evett, un quartetto, Könntest, con Michel Blanc, Stephane Trepp e Cecile Rives e un gruppo più allargato con Steve Lawson e Jérome Cury.

La tua musica sembra muoversi sulle differenti prospettive dell’improvvisazione collettiva e della forma aperta, con un’attenzione particolare alle relazioni tra voce e suono. Pensi che queste possano essere considerate le direttrici principali del tuo modo di far musica?

«Non esattamente. Per me ogni progetto è differente e ogni volta che registro qualcosa provo nuovi tipi di strumentazione. In altre parole sono come un bambino a cui piace “giocare”. Per quanto riguarda l’improvvisazione credo che sia solamente metà del mio lavoro, non di più. Mi piace in particolar modo l’iterazione tra musica scritta e improvvisata. La maggior parte delle cose che il mio gruppo Könntest fa sono in parte scritte. In particolar modo la ritmica e le parti per la batteria, così come la struttura generale. Questa è determinata in modo sommario oppure molto preciso, a seconda dei casi. Il controllo di questi parametri avviene solamente in un primo momento, poi su questi inizia l’improvvisazione. Successivamente c’è però molto spazio per questi feed-back. Anche le mie esperienze di improvvisazione all’interno di una compagine orchestrale, che ruota nell’area del Sud della Francia, non sono mai completamente free. C’è sempre una sorta di “mappa stradale” che i musicisti devono in qualche modo rispettare. Poi ci sono io che tento, per quanto possibile, di dirigere il tutto».

La chitarra, pur essendo un elemento importante nella tua musica, non è mai il perno attorno a cui tutto ruota, ma uno dei tanti attori. Come arrivi a comporre un pezzo allora?

«Beh, registrare un pezzo non è certo come suonarlo dal vivo, cosa che faccio davvero molto spesso, forse anche troppo. Allo stesso tempo ti devo confessare che non amo particolarmente il timbro della chitarra, ma è il mio strumento ed è tardi per cambiare… Queste due cose determinano probabilmente quello che dici. Devo dire che non ho particolari segreti quando compongo: le cose vengono o non vengono. In questo momento sono molto impegnato su una serie di registrazioni che mettono insieme un collage di voci su un quartetto d’archi. Scrivere musica senza che contenga una sola nota di chitarra diventa un sfida molto importante per me, anche se impegnativa. In particolar modo queste composizioni saranno un mix di elettronica, musica concreta, musica quartettistica (scritta) con cui interagirà un trombone improvvisato. Spero che il tutto venga realizzato entro il 2004».

Lilas triste è parte di una trilogia, a cosa è ispirata?

«Alla gente sradicata, separata, a questo mondo che vuole autodistruggersi. Potrebbe essere anche la storia di due persone durante una guerra: sessant’anni fa, oggi o domani…».

Promuovi, produci e organizzi la tua vita artistica. Credi che questa strada possa diventare la routine per chi vive facendo musica senza dipendere su grandi strutture come quelle delle major o dei governi?

«L’unica cosa che so è che l’Arte non sarà più una priorità per i governi occidentali nella prossima decade. Ho l’opportunità di lavorare esclusivamente nella musica, insegnando e suonando, ma naturalmente preferirei lavorare esclusivamente sulla mia musica! Ma almeno io sono libero di creare ciò che voglio, anche se con difficoltà».

Come credi che Internet possa aiutare la musica?

«Ognuno sa che, ad esempio, le vendite dei dischi su Internet sono ancora molto basse, ma questo è comprensibile dal momento che l’atto di comprare un oggetto consiste anche nel maneggiarlo. Internet però consente anche di creare connessioni tra appassionati sparsi qua e là. Per questi è molto importante creare quello che tu chiami “altremusiche”».

Oltre al quartetto al momento hai qualche altro progetto in cantiere?

«Nel prossimo futuro ho già programmato la realizzazione di tre album: il primo acustico con Cecile Rives alla voce, Noël Akchote alla chitarra, sarà pubblicato con la mia etichetta D’Autres Cordes durante questo inverno ’03. I successivi saranno quelli del quartetto d’archi + elettronica e un duo con Michel Blanc alla batteria e altri ospiti. Ma non so ancora se questi verranno realizzati con D’Autres Cordes. Poi in duo con Evett partirò alla volta degli Stati Uniti in febbraio per un tour e la registrazione di un ulteriore album prodotto da Empty Beach Records e Burnside Records. Verrò in Italia in luglio per il festival “Chitarre sole” di Desenzano. Sarà una buona occasione per incontrarci…».

ottobre 2003 © altremusiche.it / Michele Coralli

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