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“I canti e i ritornelli di quel tempo erano un grido solo: Libertà.”
E l’epigrafe di questo “L’anima di un uomo” ci riporta a quell’epoca di grandi e piccoli rivolgimenti politici, culturali e artistici, in cui anche il jazz guadagnò le attenzioni di pubblici colti ed extracolti. Ci riferiamo a quel periodo, per così dire già abbastanza idealizzato per metterci a rimpiangerlo, quando comunque il jazz abbandonò gli abiti suadenti e in qualche modo rassicuranti di certo cool per indossare quelli più sfrangiati e disordinati della modalità e del free. E sono proprio Archie Sheep, Muhal Richard Abrams e più in generale tutta l’Association for the Advancement of Creative Music a cingere gli orizzonti di questo nuovo progetto di Gaetano Liguori, che a quei bei tempi andati guarda sempre con profondo rispetto (come tutti noi).
E questo trio estemporaneo assieme agli ottimi Hamid Drake e Roberto Ottaviano (alto e soprano) apre gli spazi a un tipo di improvvisazione che pesca a piene mani nella più comoda valigia dei ricordi, piuttosto che puntare su qualche suggestione inedita (e il marchio Splasc(h) è in questo garanzia di un bel tuffo nel passato). Facili ironie a parte, la considerazione di fondo rimane: dischi come questo entrano a pieno titolo nella galleria del jazz di maniera, venerato da chi ne apprezza il mestiere, osteggiato da chi cerca sperimentazioni e deragliamenti. Ci sarebbe poi da fare un discorso sulla qualità della registrazione, davvero poco brillante con un generale impastamento dei suoni che davvero non rende onore ai musicisti in questione. Eppure di dinamiche utili da raccogliere e valorizzare ce ne sarebbero davvero tante, ma tutto rimane un po’ opacamente sullo sfondo, quasi come se si trattasse di una registrazione d’annata, diciamo: Parigi, 1970…
2005 © altremusiche.it
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