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I percussionisti dell’Ensemble S, noto per quella costruzione spazio-sonora apparsa anche dalle nostre parti con il nome di CIRCUS S, in cui la dimensione circolare di un capannone era perfettamente funzionale all’idea di geometria circolare del suono, si cimentano qui con l’opera di uno dei compositori che nell’idea spettrale ha individuato con maggiore efficacia una rappresentazione tridimensionale della musica. Se però il concetto di spettro è facilmente riferibile ad una complessità armonica che situa le sue radici in uno sviluppo teorico tipico della storia della musica occidentale, nel caso dell’utilizzo di percussioni, le cui frequenze sono raramente affette da presenza di suoni armonici, il panorama spettrale allora si scompiglia, pur continuando però a offrire al percettore un senso spaziale che in qualche modo si richiama alla complessità armonica dello spettro. Insomma si può anche non smettere mai di concettualizzare o di trovare principi di ordine all’interno di una musica che può, al contrario essere fruita anche senza alcuna mediazione. Forse però, proprio perché dietro c’è un ordine, l’esito finale ci appare così fluido e coerente: un pennello che, nella sua astrazione, compie movimenti che appaiono necessari, obbligati e armoniosi nel senso più pitagorico.
Soprattutto nei ventidue minuti di Tempus ex machina per sei percussionisti, un brano del 1979 qui alla sua prima registrazione, che supera Cage sul piano puramente estetico, raccogliendone le splendide intuizioni. In altre composizioni, come Solo pour deux (1981) per clarinetto e trombone, si trova più di un punto di contatto con l’esploratività degli approcci improvvisativi, altro elemento di notevole interesse nella musica di Grisey, che, seppur non estraneo all’idea tradizionale della composizione su pagina scritta, non può non essere stato colto dalla profondità spettrale di molti sperimentatori legati alla composizione estemporanea.
2005 © altremusiche.it
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