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Nel 2005 si sono svolte a Roma le celebrazioni per il primo centenario della nascita di Giacinto Scelsi, autore spesso “dimenticato” se non apertamente osteggiato dalla nobile, elitaria e spesso retriva Accademia italiana. Oggi la sua figura è ampiamente riabilitata sullo slancio di un’apertura, da parte di quel mondo della musica, che forse oggi soffre invece di una mancanza di argine, di una capacità di contenimento alle molte cose insulse che passano nelle programmazioni.
Ora, a testimonianza dell’evento passato, rimane a disposizione di chi non ha potuto seguire i numerosi concerti organizzati dalla Fondazione Isabella Scelsi [www.scelsi.it] questa Collection che si promette di diventare finalmente il punto di riferimento discografico del compositore (cosa preziosa se si considera come gran parte del nostro patrimonio artistico, in forma anche di registrazioni, oltre che di edizioni, finisce puntualmente all’estero).
In questo primo volume sono quattro le opere che cingono le fondamenta del progetto. Si inizia con uno splendido brano per flauto basso, Maknogan (1976), che può vantare la partecipata interpretazione di Roberto Fabbriciani. L’idea compositiva è quella ampiamente percorsa dell’ondeggiamento della linea melodica attorno a un unico centro salmodico, passando per altezze che, in quanto frazioni di toni interi, ha poco senso fissare su pentagramma. Un flusso ipnotico si dipana quindi in un senso orizzontale che è reso dinamico soprattutto dalle qualità di un interprete che deve acquisire – tanto per dirla in un brutto modo – il fondamentale know how.
La stessa idea monocorde percorre i quattro movimenti del Quartetto n.2 (1961), esattamente come in passato era già successo sui noti Quattro Pezzi (su una nota sola) (1959). A opere come queste andrebbe riconosciuta l’anteriorità rispetto alla più decantata e celebrata In C (1964) di Terry Riley, per non parlare dell’attenzione di Scelsi nei confronti di Zen e Oriente, diventata moda (dopo Cage) con tutti i minimalisti.
Qualcosa di quel magico mondo trasfigurato dalla catarsi creativa di Scelsi lo si può intuire nelle composizioni che dipingono secondo la libertà del fantastico trame immaginifiche e per questo seducenti come i cicli dedicati ai Riti (qui I funerali d’Achille e I funerali di Carlo Magno). Un percorso da mettere senz’altro in parallelo con le trame gotiche, fiabesche, sebbene oscure e irreali, di certi romanzi di Tommaso Landolfi come “Racconto d’autunno”, opera che dalla realtà (la guerra) devia verso il mistero (la morte trasfigurata). Da Achille o Carlo Magno all’immagine sonora della sua tumulazione nella visione di Scelsi. E ancor più questo accade in opere che viaggiano attraverso approcci nati da libertà improvvisative e fughe della mente come Quattro illustrazioni sulle metamorfosi di Vishnu (1953) – qui proposta in versione inedita dal pianista Fabrizio Ottaviucci.
Una musica di sola fantasia, senza messaggi, se non la musica stessa.
2007 © altremusiche.it
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