Gianluigi Trovesi: “Dedalo”

Michele Coralli
Gianluigi Trovesi: “Dedalo” (Enja, ENJ 94192, 2002)

La presentazione del recente progetto Trovesi/WDR Big Band al Bergamo Jazz 2002, avvenuta nel marzo scorso e recensita in questo numero, è stata affiancata dall’uscita del Cd “Dedalo”, edito da Enja, che comprende materiale in parte già edito con altri ensemble. Preziosi, non solo per il marketing, gli apporti di Markus Stockhausen (una tromba capace di calarsi, contrariamente alle attese, in atmosfere più orientate alla tradizione storica piuttosto che alle inquietudini sperimentali), di Fulvio Maras (brillante percussionista e creatore di “disturbi” elettronici) e del batterista americano Tom Rainey. L’interesse dell’etichetta tedesca per le produzioni italiane, Italian Instabile Orchestra e Banda di Ruvo di Puglia, si dimostra ben disposta allo sfruttamento di un filone che inizia ad avere ottime credenziali e potenzialità commerciali anche a livello internazionale.

“Dedalo” è un lavoro che nel suo complesso risulta più che godibile – sia per i non jazzofili che per i soliti ortodossi – proprio per merito di quei colori che Trovesi riesce a trasmettere all’orchestra e che i tedeschi amano definire “mediterranei”. La trovata funziona e bisogna riconoscere che là dove il jazz riesce a trovare delle contaminazioni capaci di farsi stile e di configurare nuovi linguaggi, in quell’ambito si determinano le invenzioni più interessanti. L’impasto che il musicista bergamasco ottiene dall’ottima orchestra della Radio di Colonia riesce a rimanere compatto, sia pur prospettico, in tutti i dodici brani di cui si compone Dedalo, senza dar adito a nessuna sbavatura di contorno.

Il materiale, come si diceva, ha già fatto la sua comparsa su disco, ma molti pezzi trovano nell’inedita veste orchestrale una rinnovata personalità. Tra questi Herbop si fa notare per un incisivo riff alla chitarra di Paul Shigihara dal sapore quasi metal, mentre brani come Now I Can pagano il loro tributo a illustri maestri del jazz creativo come Gillespie e Art Ensemble of Chicago. Ancora: la doppia versione (live e studio) della cabarettistica Hercab, uno dei brani più brillanti, ha un sapore dixieland ben trasfigurato, soprattutto nel pregiato apporto del pianista Frank Chastenier. Altrove invece (in Scotch soprattutto) le atmosfere sono troppo mainstream per catturarci, anche se l’originalità della penna di Trovesi rimane sempre a buon livello. Si può davvero comprendere la sua soddisfazione nel dare nelle mani di un’orchestra come la WDR le proprie partiture (gli arrangiamenti sono condivisi con Corrado Guarino), per ritrovarsi, dopo anni di militanza nelle grandi orchestre (RAI e Instabile) dall’altra parte della barricata.

2002 © altremusiche.it

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