- 16 film per capire l’Africa (2 per non capirla) - Dicembre 9, 2024
- Alla ricerca dell’egemonia culturale perduta: da Claudio Villa a Luigi Nono - Giugno 28, 2024
- AUTOBAHN 9: «Verso i Mari del Sud» - Maggio 7, 2022
Le Williamsburg Sonatas racchiudono un set di improvvisazioni che Gianni Gebbia, Massimo Pupillo e Lukas Ligeti (il figlio di György) hanno raccolto il primo febbraio del 2001 in quel di Brooklyn e che solamente oggi trovano pubblicazione in uno dei migliori dischi Wallace fin qui editi. Il trio, ruvido e scoppiettante, trova fin dalle prime note una vena ispirata che riesce a mantenere fino al termine delle otto “sonate” senza perdite di concentrazione o cadute di tono. Su Gebbia non abbiamo dubbi di sorta: il suo sax (qui alto) è sempre aspro e fantasioso, non riesce mai ad annoiare in un mix che dosa l’esuberanza di Brötzmann e la raffinatezza di Braxton e Ornette Colemann. A volte poi il suo strumento si muta in fanfara etnica o in launeddas in un suono fiero di una personale koinè musicale, rara in un mare di sassofonisti-emulatori. Di Pupillo già si conoscevano le doti virtuosistiche, ma soprattutto la capacità di sviluppare dal basso elettrico idee utili per il gruppo. Questo trio (per lui progetto collaterale di Zu) ampia notevolmente i paradigmi estemporanei, circoscritti invece nel gruppo romano. Ligeti invece è una sorpresa. Compositore (ha pubblicato per Tzadik dei lavori da camera) e batterista a fianco a gente come Frith, Sharp, Kaiser, ha un suo gruppo, Beta Foly, basato in Costa d’Avorio e tutta una serie di relazioni musicali con il continente africano. Il suo drumming, denso e stratificato, ricorda quello di Charles Hayward per decisione, pur giovandosi di qualche fioritura in più rispetto all’inglese. Insieme trovano un’intesa davvero sorprendente per un trio che non ci pare abbia una storia comune a lungo condivisa. Forse bastano otto sonate a trovare la migliore delle confidenze musicali.
2004 © altremusiche.it
Lascia un commento