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Instancabile sperimentatore Giorgio Gaslini è uno di quei compositori che ha attraversato con arte e disinvoltura molti generi, nonostante ancora oggi per errore lo si voglia far appartenere soprattutto all’ambito jazzistico. Certificano tale propensione non tanto i diplomi in pianoforte, direzione e composizione, che l’autore a suo tempo si guadagnò al Conservatorio milanese, ma l’eterogenicità del suo divenire compositivo. Parafrasando il titolo di un suo libro scritto a proposito di esperienze musicali post-sessantottine, Gaslini può essere, al pari di non moltissimi altri contemporanei, un musicista totale. Ovvero così completamente immerso nella materia musicale da essere indifferente ad ogni tipo di appartenenza. Anche in questa raccolta, che ne vorrebbe proporre il lato “classico” attraverso l’ammiccamento formale al mondo sinfonico, finisce per contraddire nei contenuti ciò che propone invece nel titolo. Certamente è sinfonico il Gaslini dell’Adagio is beautiful per 16 archi, opera intrisa di quelle armonie esatonali così certamente famigliari a Debussy. Lo è anche quello della Sinfonia breve, composizione dai forti richiami stravinskiani, ma non è per nulla sinfonico l’autore della delicatissima e inaspettata Suite elisabettiana, un florilegio di richiami rinascimentali e popular ricamati sopra il comune tessuto shakespeariano. Continuare quindi a interrogarsi su quanto il jazz abbia influenzato il Novecento storico, o viceversa, è una questione puramente tautologica. Entrambe le aree ne hanno tratto reciproco giovamento.
da «Amadeus» n258, maggio 2011 © Michele Coralli
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