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La musica di Giya Kancheli ha conosciuto con il tempo un processo di costante e progressivo assottigliamento e rarefazione. Si assiste ad una dilatazione di tutti quegli interminabili pianissimi e allo sfoggio di quei contrasti dinamici che avevano reso inconfondibile il suo stile, già a partire dalle sinfonie, l’ultima delle quali (la Settima, denominata Epilogo, del 1986) ha posto la parola fine alle composizioni da lui scritte in quella forma. La veste sinfonica in realtà non è ancora stata abbandonata da Kancheli, come dimostra questo lavoro datato 1993 (revisionato nel 1995). Si tratta di un lungo lamento per violino, mezzosoprano e orchestra, composto in memoria di Luigi Nono. La loro amicizia, nata negli anni Settanta, fu caratterizzata da stima reciproca e rispetto per le differenti visioni estetiche. È pur vero che l’ultimo Nono è irresistibilmente attratto dal fascino del silenzio e dal mistero dell’inudibile, così come lo è Kancheli. I due avevano in progetto una composizione a quattro mani che è rimasta incompiuta a causa della sopraggiunta morte di Nono. Il georgiano continuò da solo e il risultato è questo Lament, che stimola nella nostra immaginazione l’idea di ciò che sarebbe potuto nascere dal lavoro congiunto dei due compositori: ieraticità e mistero agnostico. Compagni di questo omaggio sono il fedele direttore Jansug Kakhidze e Gidon Kramer, scelto non casualmente per merito di alcune sue collaborazioni con Nono, tra cui si ricordano La Lontananza Nostalgica-Futura.
da: “Amadeus”, n.122, 2000. © Paragon / Michele Coralli
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