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Nell’agosto del 1969 a Parigi soggiornano una serie di personaggi che appartengono a quella generazione di jazzisti di area free, politicamente impegnati e musicalmente orientati a una sperimentazione che oltrepassa sia cool che be-bop, generi amministrati da un mercato discografico saldamente nelle mani dei bianchi. Molti musicisti di questa nuova onda, attirati in Europa dal rinnovato clima politico e culturale, lasciano numerose tracce sul loro percorso.
La collana Actuel dell’etichetta francese Byg raccoglie le registrazioni di alcune session destinate ad entrare nella storia del jazz e, in particolare, della new thing. Grachan Moncur (III per distinguersi dagli avi), trombonista e compositore, amico di Archie Shepp e animatore della scena musicale del ghetto nero di Harlem, è uno di quei personaggi che passando da Parigi per dirigersi al Festival Panafricano di Algeri (l’unica occasione per rimarcare quel senso di appartenenza comune condiviso da molti musicisti neri e magrebini) lascia una delle tante perle tra quelle session estemporanee.
New Africa, suite in quattro movimenti (Queen Taman, New Africa, Black Call, Ethiopian Market) è costruita su 17 ipnotici minuti di giri armonici modali dall’andamento ripetitivo. Non si ricercano fratture radicali, ma connessioni con la madre Africa attraverso un senso della ritmicità pacatamente e circolarmente ossessivo. Il risultato è senza dubbio meno radicale di certe esperienze come quelle dell’Art Ensemble of Chicago (anche loro nella collana Actuel), ma la musica di Moncur, qui accompagnato da Shepp, Alan Silva e Roscoe Mitchell, gode comunque di una fissità sinistra che riesce a contenere una carica sovversiva (rispetto al senso comune del jazz di quei tempi), capace di ben figurare accanto a molti suoni rivoluzionari dell’epoca, tra Africa e Black Panthers.
2003 © altremusiche.it
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