György Kurtág: “Signs, Games and Messages”

Michele Coralli
György Kurtág: “Signs, Games and Messages” (ECM New Series, 461833-2, 2003)

Uno zibaldone di poesia in musica che mette insieme cinque canzoni del romantico Friedrich Hölderlin, una poesia di Paul Celan (raccolte in “Hölderlin-Gesänge”) e una serie di testi di Samuel Beckett e di sue traduzioni di aforismi di Sébastien Chamfort (in “…pas à pas – nulle part…”). In mezzo: Signs, Games and Messages, per trio d’archi. Questo il ventaglio proposto in queste registrazioni che propongono parte delle ultime fatiche dell’ungherese György Kurtág, poste in essere tra il 1989 e il 1998. Nonostante le singole caratteristiche di ognuna, tutte e tre le opere sono caratterizzate da una comune essenzialità di mezzi e da una estrema epigrammaticità che risulta essere una delle armi migliori di Kurtág. Nei casi in cui viene chiamata a intervenire la versatile voce del baritono Kurt Widmer i toni si fanno quasi espressionisitici nell’amplificazione del senso poetico, soprattutto in quei movimenti che vanno di pari passo con le cupe e pessimistiche atmosfere di Beckett/Chamfort. Divertente notare come, in mezzo alle numerose dediche e omaggi, Boulez si meriti un più neutro “messaggio”. Signs, Games and Messages è invece una sorta di diario musicale in progress, aggiornato attraverso l’accumulo di brevi pagine per archi concepite per diverse soluzioni: dal singolo strumento, al trio e al sestetto. Il gioco combinatorio, ricco di rimandi e citazioni è caro a Kurtág, che, divertendosi perfino con un motivo da Toréador di Carmen, adotta come nella nota Játékok, un meccanismo a incastro, tipico di certe scatole cinesi.

da: “Amadeus”, 2003 © Paragon /Michele Coralli

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