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Autore che sta conoscendo una profonda riscoperta anche in merito alle fortune della corrente spettralista francese, ambito in cui il proprio linguaggio è cresciuto e si è sviluppato, Hugues Dufourt è stato artefice, assieme ai compagni di strada Grisey, Lévinas, Murail, della nascita di un nuovo approccio alla natura del suono e della sua organizzazione. Così facendo, gli spettralisti hanno suggerito una via di uscita dal labirinto strutturalista, senza con questo degradare il senso di una musica, come quella contemporanea, che, come a volte si vede, si è trovata a optare per scorciatoie comunicative anche troppo brevi. In questo caso il legame che Dufourt vuole suggerire di fronte agli affreschi del Tiepolo, dipinti per la residenza di Würzburg in Baviera e dedicati ai quattro continenti all’epoca noti, si basa sul parallelismo tra movimento prospettico del colore dell’opera pittorica e dinamismo sonoro ricavato dall’organizzazione delle parti e dai loro rapporti timbrici. Fuori da ogni carattere mimentico o imitativo, la musica che riesce a dimostrarsi più riuscita, in un rapporto così difficile come quello con la pittura del passato, sembra proprio essere quella che trova lo spunto per definire una profondità di campo. Dove in un caso si ricorre al contrasto cromatico (figure che si stagliano contro un cielo allegorico), nell’altro la dialettica si perfeziona nella prospettiva sonora tra un pianoforte potentemente affermativo e un cielo di archi ricco di sfumature e rarefazioni, come quella sublime della coda conclusiva de L’Asie.
2011 © altremusiche.it
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