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Si è soliti confrontare la pianista svizzera Irene Schweizer – celebre per le notevoli doti improvvisative che ne hanno fatto una delle migliori interpreti della scena radicale europea a partire dagli anni ’60 – a giganti come Cecil Taylor proprio per il suo pianismo eruttivo, che sprigiona materiali densi di energia in incessante movimento. Ma a ben guardare, già negli anni ’70, lo stile della Schweizer si distingue in maniera netta da quello del maestro afroamericano per una maggior predisposizione alla comunicabilità e alla grande varietà, che si distinguono nettamente dallo stile tumultuoso di Taylor. Gli orizzonti della pianista svizzera spaziano infatti ad ampio raggio su molta musica contemporanea (da Kagel a Stockhausen) e nuovo jazz (Paul e Carla Bley, oltre al già citato Taylor).
Messe a fuoco le coordinate è più facile cogliere le stratificazioni pluridimensionali di molte sue improvvisazioni degli anni ’70, anni a cui si riferisce questa doppia ristampa. Inizialmente pubblicati da FMP “Wilde Señoritas” (1977) e “Hexensabbat” (1978) vengono qui riuniti in un’unica confezione dalla svizzera Intakt. Si tratta delle prime due registrazioni in piano solo della Schweizer (e probabilmente i primi dischi del genere da parte di un’interprete femminile): la prima effettuata al Total Music Meeting di Berlino del 1976, la seconda sempre a Berlino l’anno successivo.
“Wilde Señoritas” – è evidente l’allusione alla lotta per l’emancipazione femminile a cui la Schweizer ha riferito sempre la propria opera artistica – comprende un doppio set di brani semi-improvvisati, costruiti attorno a dei pattern ben chiari e riconoscibili: Wilde Señoritas, appunto e Saitengebilde, brano che contiene la citazione di un tema di Dudu Pukwana (che assieme ad altri sudafricani come Chris McGregor, Louis Moholo e Dollar Brand contribuisce a quell’influenza stilistica capace di far scaturire dolcezza e calore dai tasti del pianoforte della Schweizer). Quest’ultimo brano (“struttura di corda”) ha un incipit costruito sull’esplorazione delle timbriche ricavate direttamente dal telaio del pianoforte percosso con bacchette e altri aggeggi, ma mai rigorosamente preparato – pratica che la Schweizer preferiva accantonare contrariamente a quanto prescriveva John Cage – a favore di una più spontanea esecuzione estemporanea. Nonostante qualche sbavatura o imprecisione esecutiva Wilde Señoritas rimane una grande istantanea sul pianismo improvvisativo degli anni ’70.
La seconda raccolta, “Hexensabbat”, contiene una serie di brani molto più strutturati e dalla durata più concentrata, ma pur sempre orientati al radicalismo. Dopo le prime esperienze la pianista svizzera ha ormai preso le misure sulle possibilità della libera esecuzione e sembra volerne sfruttare le risorse meno immediate. L’inside playing, mai fine a se stesso, è sempre concepito su strutture ritmiche facilmente comprensibili, mentre all’irruenza di stampo “tayloriana” si alterna spesso un calore “mcgregoriano”, in un equilibrio che non fa soffrire l’ascoltatore bisognoso di pause di distensione alle spigolosità di certa sperimentazione. In sintesi: due lavori di grande vigore, per chi ama le energie “rinnovabili”, visto che dopo venticinque anni conservano inalterato tutto il loro valore artistico.
2002 © altremusiche.it
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