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Sulla tradizionale “forma” del concerto per pianoforte e orchestra John Cage ha lavorato soltanto in due occasioni. La prima risale al 1951 con il Concerto for Prepared Piano and Orchestra, mentre la seconda al biennio 1957-58 con il Concert for Piano and Orchestra. Se quest’ultimo si basa su alcuni noti principi di indeterminazione, sulla sperimentazione timbrica di ogni strumento coinvolto che viene indotto a scegliere parti risonanti non convenzionali e sull’idea della musica come processo in cui non è la forma a regolare il tempo, bensì il tempo la forma, nel secondo la precisa e minuziosa regolazione timbrica del pianoforte preparato (ovvero trasformato attraverso una prestabilita serie di oggetti come piccoli pezzi di metallo o di gomma, cartoncini, ecc.) circoscrive l’universo sonoro di riferimento, portando un tipo di composizione così referenziale a una netta rottura con la logica dello scontro tra solista e orchestra. Al suo posto semmai viene sostituita l’idea di un conflitto interiore, che riguarda ogni musicista, tra l’indicazione di una struttura di riferimento e il modo di realizzarla, da una parte, o di eluderla, dall’altra. Fourteen, brano molto più recente (1990), vive di suggestioni spaziali quasi elettroniche nella loro natura diafana. David Tudor e Stephen Drury sono stati tra i migliori interpreti di Cage e anche per questo si segnala il disco in questione a chi mancano ancora opere siffatte.
da: “Amadeus” n220, marzo 2008 © Paragon / Michele Coralli
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