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Játékok (Giochi) di György Kurtág, nonostante l’immediata relazione che si potrebbe istintivamente ricercare in Mikrokosmos di Bartók, non è un metodo per lo studio del pianoforte concepito per i giovani allievi, bensì un’opera – secondo le parole del compositore contemporaneo ungherese – “suggerita dal bambino che si dimentica di se stesso mentre suona; quel bambino per il quale lo strumento è ancora un gioco.” Si tratta infatti di un’opera che prende le mosse dall’osservazione delle esperienze infantili intorno alla musica e che cerca di esorcizzare tali esperienze attraverso il recupero della memoria dei traumi di chi si accosta alla musica ancora in giovane età. La memorizzazione delle scale, il conteggio dei ritmi, l’approccio ritardato con il suono…
Tutti questi momenti vengono superati dall’uso quasi liberatorio della tastiera (ad esempio attraverso l’utilizzo dei cluster), al fine di coinvolgere immediatamente l’esperienza sonora. Viene così a crearsi un mosaico musicale costituito da decine di tessere eterogenee accostate una all’altra quasi senza soluzione di continuità, un cospicuo numero di brevi composizioni, raccolte in otto volumi, dal 1972 al 1993. Naturalmente questa edizione discografica propone una scelta dall’intera raccolta dei “giochi”, fornendo una registrazione unica e preziosa, che comprende anche quattro trascrizioni dello stesso Kurtág da Johann Sebastian Bach (tratte da Trascriptions from Machaut to Bach), ovvero quattro solidi architravi su cui poggia l’architettura musicale della sua opera pianistica. A sottolineare l’importanza artistica dell’iniziativa discografica, l’esecuzione è lasciata alle mani del compositore, assistito in quattordici dei trentaquattro brani dalla moglie Márta, con la quale duetta in perfetta simbiosi.
1998 © altremusiche.it
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