Louis Sclavis: “Chine / Chamber Music”

Michele Coralli
Louis Sclavis: “Chine / Chamber Music” (Label Bleu, LBLC 6656/57, 2003)

Jazz ipertrofico e ricco di commistioni nel più genuino spirito fusion quello del francese Louis Sclavis; naturalmente non quel tipo di approccio masturbatorio di certi virtuosi dello strumento che hanno martoriato le scene a partire dalla metà degli anni ’70 (…e molti continuano a farlo), ma, al contrario, un pensiero compositivo raffinato e in alcun modo autoreferenziale. Anche in questi due album “Chine” e “Chamber Music” (precedentemente editi da Ida Records e qui ristampati in confezione unica da Label Bleu) l’animo combinatorio del clarinettista/altosassofonista determina interessanti traiettorie dinamiche, mai fisse su di un unico punto cardinale. Un modo di concepire la complessità della composizione secondo un approccio polistilistico caro a jazzisti come Gianluigi Trovesi, abili nel combinare stili e generi lontani basandosi sull’idea della giustapposizione. Probabilmente là dove il bergamasco riesce a costruire un linguaggio sempre calato nella dimensione umoristica, congeniale alla contrapposizione di atmosfere, qui invece ironia e divertissement sono, tutto sommato, estranei alla musica di Sclavis, seria, se non, a tratti, fredda.

Eppure del francese impressiona il modo di scrivere le frasi: contorte, intricate, assolutamente irregolari ma, allo stesso tempo, così lineari. Un pensiero che si configura davvero come “musica da camera”, in quanto rigidamente determinata da una precisa scrittura e da una visione d’insieme che ormai con il jazz, nella sua componente più “spontaneista” (legata a giri armonici e assoli) ha sempre meno a che vedere. Senza nasconderci dietro a un dito, questo è semplicemente un bene, nonostante continuino a non mancare i ricorsi anche all’interno di una delle musiche più sinceramente innovative di tutto il secolo scorso.

Un germe, questo dell’appropriazione di metodi e di condotte, direttamente travasato nell’approccio di molti protagonisti di queste registrazioni: senza dubbio il violinista Dominique Pifarély e Michel Godard, presenti rispettivamente in “Chine” (le cui registrazioni risalgono al 1987) e “Chamber Music” (1989). Due ottimi esempi di musica legata alle strutture, ma non banalmente appiattita sulle forme.

2003 © altremusiche.it

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