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I colori rilucenti e adamantini del puro ghiaccio dolomitico, messi in luce dal ricorso spesso molto insistito sui registri acuti del pianoforte, la gioia nel trovarsi in una dimensione ambientale idealizzata possono in effetti dare il senso di un tratto compositivo a cui spesso si riconduce l’intera opera pianistica di Niccolò Castiglioni, autore che al pianoforte ha sempre dedicato ogni sua più scrupolosa attenzione. E come mette in luce anche Alfonso Aberti, che qui brillantemente lo interpreta (avevamo già assistito a un integrale live ad opera di Enrico Pompili): al bambino che cammina felice per le Dolomiti di Come io passo l’estate (1983), si alterna il compositore che si vuol mettere in luce nell’Olimpo di Darmstadt negli anni di più alta e intensa concorrenza artistica con un inusitato Cangianti (1959), ma anche l’allucinato uomo urbano vittima di feroci alienazioni di He (1990). L’universo di Castiglioni ha il vantaggio di essere facilmente racchiudibile in uno spazio misurabile e quindi esperibile anche dall’ascolto di un unico disco. Un ulteriore vantaggio è rappresentato dal tratto fortemente evocativo di certe stilizzazioni che danno un sapore quasi vignettistico (Arrivo a Tires), in aperto contrasto con le più austere avanguardie postweberniane. Certo non è tutto solamente qui, visto che il pianoforte di questo autore (non facile) è, pur nella sua forte caratterizzazione stilistica, un insieme di colori ed emozioni. Forse è proprio per certe emotività però che la figura di Castiglioni sta guadagnando una nuova posizione all’interno della Scuola di Atene della musica (non più) contemporanea. E tra le altre cose riscopriamo come valore quell’umanità spesso negata dall’inflessibile passato.
2007 © altremusiche.it
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