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Dopo aver toccato vertici di impalpabilità formale dettati da orientamenti glitch di non ritorno (e pensiamo alla parabola microwave di Klaxon Gueule) Michel Côté e compagni si rituffano in ambienti sonori nei quali timbri e gesti tornano all’umano. Luoghi dell’improvvisazione al posto di pura manipolazione, strumenti reali prima ancora virtuali. In tempi di transgenìa musicale è bene premetterlo. E se l’immaginario di Klaxon Gueule, pur nella più remota distanza dell’etichettatura, poteva riportarci a un mondo della canzone rock, quello di Pink Saliva non può non condurci disordinatamente verso il mondo dello standard jazz più apocrifo e meno rispettoso di quelle tante regole auree che hanno soffocato il genere.
Jazz, comunque e nonostante tutto, poiché sembra facile riconoscere all’interno dei diversi segmenti cesellati con cura epigrammatica e grande gusto coloristico quel pattern di facile presa che un tempo era ritmo e armonia, oggi è pulsazione e rumore. E se qua un beat ossessivo fa la sua comparsa tra le macerie di un rave perduto, là un larsen si mescola ad anticaglie psichedeliche per poi dare spazio ad una ambient contaminata e contraddetta da meditabonde esplorazioni percussive nelle quali Côté mette (finalmente) in evidenza doti di grande fantasista della batteria. Un altro lavoro da appuntarsi da parte della premiata ditta &.
2010 © altremusiche.it
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