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Gruppo portato per via naturale all’incastro metrico-ritmico, i bielorussi Rational Diet cercano fortune in un fertile terreno cresciuto sotto le cure del più biologico e rigoroso rock all’opposizione. Certo i cultori non mancano, così come le capacità di un consesso strumentale che regge il confronto tecnico con nobili circoli del passato art-rock quali Henry Cow, Doctor Nerve e Univers Zero. Trattandosi di russi (anche se “bianchi”), è facile trovare anche solide basi accademiche, oltre che rimandi alle migliori menti del Novecento sovietico (sebbene poi le stridenti soluzioni armoniche o i profili melodici contorti possano rimandare tanto a Prokof’ev quanto al primo Stravinskij). L’organico e l’austera scelta timbrica è di tipico impianto cameristico con violino, violoncello, fagotto/sax, tastiere/voce, chitarra a tessere intrichi melodici, basso e batteria a dare il sostegno ritmico.
La densità generale che ne scaturisce è molto alta e i rari spiragli (l’incipit di Horse Army) sono giustapposti ad una verticalizzazione in cui si affacciano direzionalità di parti che rimandano alle grande forme contrappuntistiche del passato. Qualche chiaroscuro in più, così come la costruzione di una scaletta con un più climax efficace (l’eterea On Tuesdays, ad esempio, forse avrebbe trovato miglior collocazione in un’altra posizione) potevano senz’altro rendere più fascinoso il lavoro (il secondo del gruppo). Se la copertina con il celerino-violoncellista poteva gettare una fascino politico sul progetto, tale aspettativa viene invece accantonata, visto che l’orizzonte politico-poetico sembra essere una delle mancanze endemiche di molti gruppi di scuola neo-progressiva). In conclusione rimane il convincimento che i presupposti dei Rational Diet siano più che validi, ma che una strategia più compiuta sia assolutamente alla portata del gruppo.
2008 © altremusiche.it
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