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La nascita e la diffusione di etichette autoprodotte dagli stessi musicisti sta diventando una realtà sempre più diffusa, soprattutto nell’ambito delle musiche improvvisate, area i cui appartenenti riescono più facilemente a gestire piccoli cataloghi, distribuiti attraverso canali spesso sotterranei. E’ il caso della portoghese Creative Sources del violinista Ernesto Rodrigues, che qui segnaliamo con il suo lavoro “Ficta”. Al momento, a quanto ci consta, sono in tutto cinque i cd prodotti, che raccolgono diversi set di Rodrigues assieme ad altri improvvisatori di Lisbona. I terreni sono quelli di certi omologhi ensemble tedeschi o inglesi, con tutta quella devozione radical/militante di ritorno, che in certi momenti appare un po’ troppo stereotipata.
“Ficta”, lavoro a cui partecipano anche il violoncellista Guilherme Rodrigues, il percussionista José Oliveria e il pianista argentino Gabriel Paiuk, allude alla pratica medievale dell’invenzione attraverso l’abbellimento e la variazione. La musica ficta era appunto quella che, fino al ‘500, faceva ricorso all’utilizzo di note estranee alle scale diatoniche in uso. Un concetto che, con le dovute distanze storico-estetiche, viene trasposto nell’invenzione estemporanea dell’improvvisazione: uscire dalla scala diatonica come uscire dalle condotte strumentali ortodosse per abbracciare il superamento dei confini.
Se la lezione di John Cage nell’utilizzo del rumore e del silenzio è nota al portoghese, così come lo è quella di Derek Bailey nell’adozione del senso della tabula rasa in fase di approccio alla creazione estemporanea, dobbiamo però registrare qui un eccessivo distacco “emotivo” da parte dell’ensemble nel presentare i materiali. I sei momenti di improvvisazione collettiva vengono sottoposti ad una suggestiva rarefazione in modo efficace. Al processo concorre anche la perizia tecnica messa a punto in fase di registrazione e di missaggio (caratteristica rara in moltissime autoproduzioni). Nell’estemporaneità compositiva di Rodrigues e compagni salta subito all’orecchio il processo di assottigliamento imposto per sfrondare le linee strumentali in un percorso obbligato dal suono al silenzio e dal silenzio al suono. Questo espediente è l’unico capace di dare un’impronta quasi di suggestione paesaggistica, in un panorama sonoro in cui è comunque difficile orientarsi, senza ritrovarsi a pensare da dove si era venuti…
Quanto già precedentemente affermato sulla portoghese Creative Sources di Ernesto Rodrigues, lo confermiamo all’ascolto di questo nuovo assemblaggio di materiali rigorosamente improvvisati. Rumorismo soffuso e rarefazione sonora rendono l’ascolto di dischi come questo quasi un’impresa al di fuori delle nostre fedeli cuffie. Suoni che danzano nella materia a partire dalla generazione più parassitaria degli strumenti tirati in ballo (sezione di archi con violino e violoncello, percussioni e chitarra elettrica). Un tipo di approccio che però indugia un po’ troppo nel gioco di rimandi rumoristici in una dimensione eccessivamente cristallizzata, anche se il paesaggio sonoro rimane in quest’opera di costruzione/decostruzione assolutamente suggestivo, in quanto diafano e sfuggente. Le produzioni Creative si distinguono comunque per la grande pulizia e la notevole valorizzazione timbrica di strumenti non facili come gli archi in genere. Vista l’improvvisazione (intesa come mancanza di professionalità) che spesso abbraccia gli ambiti di produzione e confezionamento di materiali di questo genere, ci sembra che una simile qualità possa fare davvero la differenza.
2003 © altremusiche.it
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