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Un volto d’Africa dai tratti delicati, una voce leggera, delle canzoni diafane e sognanti. Rokia Traoré è una giovane songwriter del Mali, che scrive canzoni articolando melodie che discendono da parole (in bambara, la sua lingua madre), che vivono in profonda simbiosi con l’emotività del gesto musicale. Ma le canzoni di Rokia significano qualcosa di nuovo sia per il pubblico occidentale ancora molto legato al tipico modello “afro”, più ritmico che lirico, sia per il pubblico del suo paese, per il quale la musica di Rokia suona come evidente rottura nei confronti della tradizione.
Melodie modali, intonate in modo cristallino e sorrette da un intenso quanto complesso tessuto poliritmico, soprattutto in quei brani in cui agiscono strumenti come balafon (Adama Diarra) e n’goni (Mamah Diabaté), liuto sub-sahariano dal sinuoso suono metallico. Tessiture trasparenti, mai sovraccaricate da una valente produzione che sa avvalersi di buone scelte timbriche, artefici della complessiva raffinatezza di “Bowmboï”.
Meno emozionante invece la partecipazione del Kronos Quartet, che svolge il suo compito con sospetta professionalità, mettendo in evidenza la freddezza di certe partecipazioni “a distanza”, spesso null’altro che trovate di un marketing ansioso di accoppiare “parole chiave”. Digiti “Kronos Quartet”, ti appare “Rokia Traoré” o viceversa…
2003 © altremusiche.it
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