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Imbracciata la bacchetta per la direzione dopo aver momentaneamente accantonato il sax, il decano Roscoe Mitchell (uno dei superstiti della fondamentale Art Ensemble nata in quel di Chicago) smette i panni del free-avanguardista per vestire quelli più inusuali – ma, a questo punto anche più stimolanti per chi ha già espresso il massimo in ambiti più tradizionalmente “afro-americani”: si tratta di panni contemporary, o se si vuole, accademici. Il passo è meno ardito di quello che potrebbe apparire. Il Transatlantic Art Ensemble, compagine che esegue queste Composition/Improvisation Nos. 1,2 & 3, lo si può leggere, ad esempio, come un organico ibrido, figlio di un’organizzazione orchestrale del jazz o, se si preferisce, di un’organizzazione jazzista della musica contemporanea. In altre parole a una doppia sezione ritmica si contrappone un gruppo di fiati da una parte e un insieme di archi dall’altra. Già questo può essere uno dei sintomi di questa commistione che, per quanto concerne ambiti legati all’improvvisazione orchestrale, ha già avuto ampie applicazioni nel corso degli ultimi quarant’anni.
Più di ogni sistemazione strumentale è comunque significativo il linguaggio adottato da Mitchell nello sviluppare i propri pattern compositivi, un linguaggio che sfrutta, come se fosse la possibilità di un registro o un timbro, le disinvolture improvvisative di musicisti edotti sull’argomento – e che da anni si dedicano alla materia – come Evan Parker, Philipp Wachsmann, Barry Guy o Paul Lytton. D’altro canto la scrittura di Mitchell abbandona molti stilemi e suggestioni jazzistiche per addentrarsi in un territorio post-impressionistico che trascolora una certa irruenza free (salvo poi farla esplodere a tratti). Interessante sarebbe conoscere a quali compositori ha prestato orecchio il nostro chicagoano. Tirando a indovinare puntiamo su Debussy e Scelsi…
2007 © altremusiche.it
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