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In poco più di un’ora si possono capire più cose di un compositore contemporaneo direttamente dalle sue parole che in decine di ascolti o di letture. Eppure non capita molto spesso di potersi avvicinare a un musicista di oggi ascoltando dalla sua voce qualche delucidazione sulle sue scelte progettuali, a partire dalle motivazioni più intime che spingono il compositore a comporre. E, come ci dice Sciarrino, i sinonimi del verbo “comporre” nella nostra lingua sono innumerevoli. Occorrerebbe quindi conoscere quante più numerose declinazioni di quel verbo, per poter accettare anche quei suoni che ancora indugiano tra le nostre orecchie e l’apparato ricettore del nostro cervello.
A Sarzana, nell’ambito di un’affollatissima seconda edizione del Festival della Mente dello scorso settembre, non sono mancati gli spunti per capire come la creatività riesca ad affacciarsi in modo fecondo nei campi più disparati. Ma forse, proprio perché anche i sensi (auditivi) vogliono la loro parte, l’incontro-concerto con Salvatore Sciarrino e l’Ensemble Risonanze, assieme a Sonia Turchetta e il direttore Tito Ceccherini, riesce a portare il Teatro degli Impavidi al limite della capienza. All’ordine del giorno la conferenza “Come nascono le nuvole?” sui processi e le ispirazioni che hanno fatto nascere Nuvolario per voce e cinque strumenti (1995). Il brano viene fatto iniziare e interrotto proprio nel punto in cui il compositore si è iniziato a porre delle domande su come proseguire. Da questi interrogativi è scaturita una relazione sulla poetica sciarriniana nel suo configurarsi come musica per insiemi. I diagrammi, l’estetica e l’orizzonte di una musica ecologica, le trasfigurazioni paganiniane di molte composizioni, gli appunti di viaggio e l’invenzione di suoni – anche se a detta del compositore da parte sua non è stato inventato nulla – sono i cardini di una coinvolgente chiacchierata di fronte a un attentissimo pubblico, subito pronto alle domande. Dopo l’esecuzione per intero di Nuvolario, i possibili approcci alla musica di Sciarrino diventano più confidenziali. Facciamo tesoro del suo suggerimento: “comprendere la musica contemporanea significa dedicare la stessa attenzione che è necessaria ad ascoltare la realtà”. Se nessuno pretende di capire il mondo senza sforzo, perché dovremmo allora pretendere di affrontare i suoni di oggi senza attenzione?
da «Amadeus» n192, novembre 2005 © Paragon / Michele Coralli
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