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Il Salvatore Sciarrino più ironico e divertito è forse quello di Efebo con radio (1981), composizione basata sull’idea del montaggio di brevi frammenti sonori apparentemente catturati da un costante cambio di diverse frequenze radio. Qualcosa che rimanda inevitabilmente a quel Imaginary Landscape No. 4 (1951) di John Cage, da cui però si manifesta una differenza fondamentale: mentre nel caso del compositore americano il brano vive attraverso la manipolazione di dodici radio reali, l’opera di Sciarrino è pura trasfigurazione musicale di un immaginario gioco di un bimbo che passa il tempo cambiando stazione nell’apparecchio domestico. Inutile dire quanto la radio abbia educato all’ascolto milioni di ascoltatori (oggi forse persi nei meandri di frequenze più commerciali), ma anche stimolato la sperimentazione di nuovi linguaggi (a partire dallo Studio di Fonologia). Quello di Sciarrino è forse un gioco, a cui una brillante Sonia Turchetta si presta splendidamente, ma rende il giusto fascino a quella rotazione di manopola che combina bollettini dei naviganti, acuti operistici, canzoni d’altri tempi, dibattiti sulla musica, onde disturbate e sipari da filodiffusione (“di Salvatore Sciarrino avete appena ascoltato…”). Di altre suggestioni si vestono invece opere dal fascino crepuscolare come Il giornale della metropoli e Autoritratto nella notte, così come lo zibaldone Storie di altre storie, che riscrive composizioni dal passato (Machaut, Scarlatti, Mozart) nella nuova veste orchestrale con la fisarmonica solista affidata all’ottimo Anzellotti.
da «Amadeus» n231, febbraio 2009 © Paragon / Michele Coralli
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