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Tre musicisti leggendari riuniti per i loro 40 anni in trio in un luogo anch’esso leggendario dell’architettura. Avanguardia che rende omaggio all’avanguardia in un mondo che, anche sotto questo aspetto, guarda con molta malinconia al passato. A volte, di fronte a operazioni del genere può sorgere la vertigine di non riuscire a collocare il presente rispetto a un passato così apertamente spinto incontro a un futuro che non si è mai realizzato. Il modernismo dopo la modernità diventa un oggetto da museo che ci parla di un secolo chiuso, ma ancora molto presente nella memoria collettiva. Così se il Bauhaus ha segnato la modernità dell’architettura, il free e la musica improvvisata hanno segnato una delle modernità della musica. Nello specifico il parallelo tra Alexander von Schlippenbach, Evan Parker e Paul Lovens da una parte e Walter Gropius o Paul Klee può starci tutto. La sede di Dessau quindi si dimostra congeniale a una performance che radica il suo stile in una musica che si trasla cronologicamente rispetto ai fasti della scuola tedesca ma che trova in un approccio molto simile alla costruzione concepita in termini razionalistici punti di contatto molto fecondi. Suoni che si legano come mai sentito nelle ultime realizzazioni discografiche (specie di Parker) al free più razionale degli anni ’60, reso ancor più lucido e preciso da anni di collaborazione e di conoscenza reciproca dei tre. Il gruppo funziona come un’equazione algebrica che si evolve non per tentativi, ma attraverso calcoli necessari. I celebri equilibri matematici frutto della ricerca di una stabilità della misura architettonica, molto riusciti nella creazione di relazioni tra oggetto architettonico e ambiente circostante, o tra spazio interno e spazio esterno, non fatica a inventare riscontri in questa fantastica performance tagliata a filo, precisa e trasparente come l’Atelier che l’ha contenuta.
2010 © altremusiche.it
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