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Si volta pagina o quasi, anzi no. Scusate l’incertezza, ma conoscendo Sentieri selvaggi ormai da diversi anni, sembra di notare che gli orizzonti estetici dell’ensemble guidato da Boccadoro e Del Corno si stiano progressivamente allargando fino ad abbracciare territori che si spingono ben oltre a quelli comunemente intesi come neo-tonali, minimal o ambiti associati. Anche in questo lavoro non mancano i riferimenti a quel mondo, che comunque rimane molto caro a dei musicisti che hanno fatto della divulgazione e della comunicabilità uno dei massimi elementi qualificanti della propria attività.
Compositori come Michael Gordon, qui rappresentato da ACDC, una composizione in puro stile minimalista con strutture costruite su incalzanti ostinati e note ribattute, oppure David Lang con Sweet Air, tra sfasamenti e processi di accumulo, ebbene questi autori sono per Sentieri selvaggi il pane quotidiano, la palestra attraverso cui il gruppo è cresciuto nel corso degli anni.
Ma, come si diceva, il quadro si amplia con scelte che creano un’articolazione complessiva in grado di mantenere su un buon livello la dialettica tra spazi occlusi dai “muri di suono” minimalisti e gli spazi aperti di certe musiche modali, come nel caso di A Different World dello scozzese James MacMillan, un brano dall’intensa cantabilità che guarda malinconicamente a certo impressionismo novecentesco, o, ancora, Air di Toru Takemitsu, composizione quasi descrittiva per flauto solo, e, Passeggiata in tram in America e ritorno di Luois Andriessen, tratto dai Canti Orfici di Dino Campana (con la partecipazione di Cristina Zavalloni).
Ritmi che chiamano orecchie e mani nelle composizioni di Del Corno e Lorenzo Ferrero, rispettivamente L’uomo armato e Glamorama Spies: la prima una trasfigurazione di una melodia polifonica rinascimentale in chiave para-jazzistica, la seconda un nervoso excursus puntellato di frasi spezzate e giochi di spostamento di accento. Irruente e straripante, invece l’energia liberata da Bad Blood di Boccadoro, una scarica adrenalinica che contiene in sé i germi di un jazz-rock (Chick Corea!?), passato per le mani di Šostakovic: tossine scaricate con grande intensità (e grande virtuosismo da parte dell’ensemble), una delle cose migliori che abbiamo sentito dal compositore marchigiano.
Una dato è ormai certo. La musica contemporanea che riesce ad incontrare il grande pubblico, riuscendo a coinvolgerlo è questa: una musica che non disdegna di rendersi fruibile e comunicativa, anche se un po’ calcolatrice.
2002 © altremusiche.it
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