- Robert Wyatt: “Dondestan” - Ottobre 21, 1997
- Cassiber: “A Face We All Know” - Ottobre 23, 1996
- PFS: “279” - Ottobre 4, 1996
Prendo spunto dal concerto che i Naked City hanno tenuto il 9 luglio (1991, n.d.r.) ai Giardini Estensi di Varese, nell’ambito della rassegna “L’altro jazz”. La sottocultura trash fa avanguardia. O meglio, l’avanguardia fa trash. Si assiste sempre più spesso a incontri traversali, per cui convergono in un crogiolo anarcoide e bizzoso cultura, controcultura e sottoculture. Il fenomeno del cult (un esempio per tutti: The Rocky Horror Picture Show) sta determinando uno spostamento del baricentro sperimentazione-avanguardia verso il “cuore della bestia” (per citare i vecchi Henry Cow, che avevano posto le loro coordinate rigorosamente sempre a sinistra di): nel senso che oggi molti musicisti della scena avant nutrono forte curiosità per le sottoculture, in particolare per quelle improntate a un gusto parossistico per la violenza (film e fumetti splatter, rap metropolitano, cinematografia hard-core, cultura giapponese di massa, ecc.).
Soprattutto negli Stati Uniti si verificano diversi intrecci fra queste situazioni musicali e culturali così polarizzate: John Zorn ne è un po’ il corifeo, il teorico e l’intellettuale militante, mentre altri riflessi se ne possono cogliere nell’ambiente della new music newyorkese (vedi Doctor Nerve). Dall’altra parte della barricata troviamo un gruppo come i Primus, che percorrono il cammino inverso: dall’underground californiano allo status di cult-band, la loro musica può essere tranquillamente considerata d’avanguardia (posta una ridefinizione di tale concetto, ormai in parte superato dallo stato di cose presenti): un melting pot delle più estreme tendenze della controcultura (altro concetto da rivedere) americana di questo inizio anni ’90.
David Lynch, dal canto suo, supporta le sue incursioni nell’immaginario collettivo americano, che di riflesso è anche buona parte del nostro, con una colonna sonora che, se approda all’Elvis nazionale di Love me tender, passa attraverso il metallo forsennato e liberatorio (se posso dire così, pensando a certe scene di Wild at heart) dei Powermad.
Trash = spazzatura (lo stesso significato di kitsch). Una categoria critica sempre più diffusa, forse perché sempre più adatta a descriverci una società, la nostra intesa come occidentale (ma applicazioni di là del muro caduto sarebbero quanto mai convenienti), che così tanto fatica smaltire e così goffamente cerca di riciclare.
Difficili le analisi, impossibili i consuntivi, anche se provvisori. Si può per intanto dire:
1) esiste una spazzatura organica al sistema: quella spedita nel terzo mondo senza ritorno, Funari, Sgarbi, Chi l’ha visto, Beautiful (ecc.), Novella 2000 (ecc.), Marzullo, la musica fusion, il cinema a luci rosse. Promana soprattutto dalla scatola televisiva e si potrebbe definire spazzatura consensuale. Il suo scopo (quando ce ne ha uno) è quello di far passare il puzzo fetente sotto il naso delle persone, perché se ne compiacciano.
2) c’è una spazzatura impazzita, non facilmente riducibile a una funzione ben definita. È quella che oscilla fra il guadagno e il colpo basso, fra l’assenso e il dissenso, fra il piacere e la repugnanza: Twin peaks, Celentano, l’horror cinematografico più adolescenziale e quello di Stephen King, “Dylan Dog”, il thrash rock (to thrash = sbattersi, dimenarsi) d’origine controllata (i Metallica, per intenderci). È la casella più aperta, di più difficile composizione.
3) c’è infine una spazzatura antagonista, frutto di sapienti operazione di riuso, riciclaggio, assemblaggio e, soprattutto, smontaggio: le discariche sature, le esternalità che determinano costi e non guadagni, Frank “for president” Zappa, John Zorn naturalmente, Chiambretti, “Cuore”, l’horror estremista dello splatterpunk (cinema, fumetti, libri), Il silenzio degli innocenti. l’hard-core, ecc.
Non si tratta di stabilire graduatorie di valore, merito, capacità più o meno destabilizzanti, più o meno titillanti. Si tratta di iniziare a capire cosa succede, di raccogliere dati, elaborare tassonomie aperte. Accompagnare Stravinskij al cinema porno.
da: Andrea Coralli, “Navigando sui mari di formaggio”, Auditorium Edizioni, 1996 © altremusiche.it / Michele Coralli
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