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Organizzazione della battuta rigorosamente dispari con scansioni rese ancor più imperfette da ogni sincope possibile, intrecci di linee strumentali assai arzigogolati, forte propensione al suono più metal del nuovo-prog. Queste le coordinate degli statunitensi Upsilon Acrux.
Più ci si avvicina alla perfezione esecutiva (e certi brani sono davvero impressionanti per la precisione del beat), più ci si accorge che qualcosa manca: forse proprio quel valicare ogni limite porta con sé una perdita di capacità di evocazione ed ogni virtuosismo limita la capacità di immaginazione dell’ascoltatore, attanagliato da tanta perizia.
Prendiamo Who’s Running Shit, brano che apre l’album, costruito attorno ad una densa sovrapposizione di arpeggi che può anche ricordare il noto refrain strumentale di The Return Of The Giant Hogweed. La bella idea iniziale si disperde in un turbine di “stop and go” che, se presi come architrave principale del linguaggio costruttivo degli Upsilon Acrux, possono alla lunga appesantire e togliere freschezza al sound aggressivo del gruppo. L’ironia insomma, ben agganciabile a contesti del genere (basti vedere quello che hanno fatto gruppi come i Primus), è quello che manca in questi casi. E come si chiedeva Frank Zappa: “Does humor belog to music?”. La risposta in questo caso è: “No”.
2007 © altremusiche.it
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