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Un album che è un gioco a incastri, in cui si determinano diversi accostamenti, quasi casuali, tra diverse attitudini improntate a un uso eclettico dello strumento nelle mani del francese Vincent Segal, un violoncello che si lancia in assoli chitarristici distorti, così come in arcate ritmiche a sostegno di canti etnici africani, di ballate di natura pop o di giri armonici di stampo jazzistico. Già al seguito di artisti come Elvis Costello, Cesaria Evora o Nana Vasconcelos, ma anche di compagini contemporanee come il duo Burncello (assieme all’iraniano Cyril Atef), Segal non fatica a tessere una raccolta di brani nati e consumati nell’ambito dell’eclettismo strumentale. Basti solo qualche esempio: le ormai consuete cover rock come Under My Thumb dei Rolling Stones oppure lo standard Lotus Blossom.
In questo, utili sono gli apporti dei molti musicisti che ruotano attorno alla realizzazione dell’opera: Magic Malik in primo luogo, i chitarristi Seb Martel, Piers Faccini e Gilles Coronado, il cantante camerounense Marna Ohandja, il trombonista Glenn Ferris, il mandolinista Vic Moan e il fisarmonicista Pascal Palisco (molti dei quali ruotano attorno a quella Label Bleu che sembra essersi attestata sul mercato europeo come la nuova concorrente francese di ECM).
Il background che Segal ha alle spalle sembra essersi abilmente stratificato in una “visione del mondo” assolutamente plurale e priva di centralismi storico-geografici, ma pur sempre di non difficile fruizione o fervente sperimentalismo (tanto per capirci Segal non né Honsiger, né Cora o Reijseger). Determinante invece alla riuscita dell’identità del prodotto è una certa atmosfera da “presa diretta”, che pur non negando la professionalità delle registrazioni, non esclude tutta una serie di atmosfere ambientali, care a chi non vuole un’assoluta asetticità da un disco, ma un insieme vitale di suoni, che vivono accanto a un’enorme serie di parassiti, difficilmente eliminabili se non a costo di potenti anticrittogamici.
2003 © altremusiche.it
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